Tumori, Speranza: ‘Italia tra i primi in Europa per le cure, si vive di più’

L'Italia è tra i primi paesi in Europa nella cura delle malattie tumorali, se ci si ammala di cancro si ha un'aspettativa di vita più alta della media

ore 17.00 PIAZZA DEL POPOLO. Ospite Alessandra Muscatiello, Candidata Cons. UDC
Lavori per migliorare il servizio a Zapponeta, Acquedotto Pugliese: “Possibili disagi”
Variante Omicron domina in Italia, “all’81% il 3 gennaio”

L’Italia è tra i primi paesi in Europa nella cura delle malattie tumorali, se ci si ammala di cancro si ha un’aspettativa di vita più alta della media degli altri Paesi europei. Lo dobbiamo alle attività di prevenzione e ai progressi della scienza oltre che alla qualità del nostro personale sanitario”.

Lo afferma su Fb il ministro della Salute Roberto Speranza. “Oggi più che mai – rileva – è evidente che prendersi cura del nostro Paese vuole dire continuare a investire sul Ssn e sulla ricerca scientifica”.

Aumentano i pazienti che hanno superato il cancro: oggi in Italia sono circa 3,6 milioni i cittadini vivi dopo la diagnosi di tumore, con un incremento del 37% rispetto a 10 anni fa. Lo rileva l’Associazione italiana di oncologia medica, Aiom, in occasione della Giornata mondiale contro il cancro. Aiom lancia però un allarme: a causa della pandemia sono oltre 2 mln in meno gli screening nei primi 9 mesi del 2020. I ritardi nelle diagnosi precoci, avverte il presidente Giordano Beretta, “possono causare un aumento della mortalità. I programmi di prevenzione siano riavviati quanto prima e finanziati con più risorse”.

Nel 2020, secondo i dati diffusi da Aiom al convegno nazionale sullo stato della cura del cancro in Italia, sono state stimate 377.000 nuove diagnosi di tumore, circa 6.000 casi in più del 2019. Dall’altro lato, però, almeno 1 paziente su 4 (quasi un milione di persone) è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può considerarsi guarito. Risultati importanti, ottenuti grazie a terapie sempre più efficaci e alle campagne di prevenzione, che però rischiano di essere compromessi dalla pandemia. Il minor numero di screening effettuati nel 2020, infatti, ha portato ad una netta riduzione non solo delle nuove diagnosi di tumore della mammella (2.793 in meno) e del colon-retto (1.168 in meno), ma anche delle lesioni che possono essere una spia di quest’ultima neoplasia o del cancro della cervice uterina. Se la situazione “si prolunga, diventa concreto il rischio di un maggior numero di diagnosi di cancro in fase avanzata, con conseguente peggioramento della prognosi, aumento della mortalità e delle spese per le cure”, è l’allarme del presidente Aiom. Il ritardo diagnostico accumulato, avverte, “si sta allungando ed è pari a 4,7 mesi per le lesioni colorettali, a 4,4 mesi per quelle della cervice uterina e a 3,9 mesi per carcinomi mammari. Sono le conseguenze indirette della pandemia”.

Già in epoca pre-Covid, inoltre, “il personale allocato ai programmi di prevenzione era appena sufficiente a svolgere l’attività di base. E, in alcune Regioni, il personale, che durante la prima ondata era stato riconvertito a supporto dell’emergenza, non è stato ancora completamente riallocato allo screening, di fatto minando la capacità di ripresa dei programmi”. Dunque, afferma Beretta, “chiediamo, da un lato, che sia mantenuta la completa separazione dei percorsi fra pazienti Covid e non Covid, perché le cure anti-cancro devono continuare in sicurezza anche durante la pandemia. Dall’altro lato, sono necessari il riavvio immediato degli screening in tutte le Regioni e una loro radicale ristrutturazione, anche con l’acquisto di nuove apparecchiature e l’assunzione di personale”.

“Solo” il 68% dei centri oncologici ospedalieri ha attivato un percorso di assistenza domiciliare oncologica, rileva l’Aiom, evidenziando come la forbice si allarghi spostandosi lungo la Penisola: al Nord le cure domiciliari sono infatti attivate dal 75% delle strutture rispetto al 58% del Sud. Nel nostro Paese, secondo i dati presentati al convegno nazionale sullo stato dell’Oncologia in Italia e illustrati nel ‘Libro bianco 2020’ di Aiom, sono attive 369 Oncologie: l’83% ha un servizio di supporto psicologico e sono significativi i passi in avanti realizzati nella definizione dei percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali (PDTA), essenziali per garantire un’assistenza multidisciplinare. Sono stati deliberati dal 93% delle strutture, per un totale di 1.250 documenti: la maggior parte (1.045) copre i tumori della mammella, colon-retto, polmone e prostata, ma sono stati censiti anche 205 documenti sulle altre patologie.

Quanto alla ricerca, il 43% delle strutture ha dei coordinatori di ricerca clinica, ma quasi sempre queste figure, pur essenziali per la conduzione delle sperimentazioni cliniche, hanno una posizione lavorativa precaria. “Il ‘Libro Bianco 2020’ di AIOM rispecchia lo stato dell’Oncologia nel nostro Paese, fornendo un censimento del sistema assistenziale e definendo una costante e intensa collaborazione con le Istituzioni nazionali e regionali”, sottolinea Massimo Di Maio, Segretario AIOM e Direttore Oncologia dell’Ospedale Mauriziano, Università degli Studi di Torino. Un altro dato riguarda infine i gruppi di cure simultanee, attivati solo nel 60% delle oncologie. Anche in questo caso, conclude Di Maio, “si passa dal 67% al Nord al 50% nel Meridione”.

COMMENTI

WORDPRESS: 0