I passi più belli sono quelli che non fanno rumore. Quelli che, silenziosi, si nascondono nelle buche dei perdenti per smuovere una terra ormai
I passi più belli
sono quelli che non fanno rumore.
Quelli che, silenziosi,
si nascondono nelle buche dei perdenti
per smuovere una terra ormai arida e stanca.
Sono quelli lunghi e profondi
di chi non guarda a ciò che lascia
ma all’orizzonte che affascina e domanda,
per inseguire l’ultima luce rimasta.
Non corrono per farti arrivare primo
ma ti fanno andare lento
per farti stare accanto e dentro
all’ultimo respiro di chi è morto all’ultimo momento.
Sono quelli che,
fatti insieme a chi è rimasto indietro,
ti danno il potere di fermare il tempo.
Passi cadenzati sulle ali del vento
che non si fermano di fronte alle marce trionfali
di chi è venuto per travolgerti o schiacciarti.
In sintonia con i ritmi del cuore
e con i pensieri della mente
disegnano sogni su solchi dimenticati
per delineare sentieri inusitati
su volti cancellati.
Sono passi di pace
che disarmano i trionfalismi
di chi dei poveri vuol fare bottino.
Di chi con i propri piedi
ha schiacciato le anime di chi
anche se inerme,
è caduto con grande dignità.
Sono i passi di chi porta sulle proprie spalle
quanti sono rimasti senza più gambe.
Sono i passi della speranza e non dell’arroganza.
I passi dell’umiltà e non della sovranità.
Perché i passi dei vinti
sono sempre un metro avanti
a quelli dei vincitori.
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