“Affrontare la pandemia con le canzoni della Mannoia”

A volte ci sono canzoni che riescono a dire in poche parole quello che fiumi di parole o di inchiostro non riescono a dire. All’arte basta poco per es

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A volte ci sono canzoni che riescono a dire in poche parole quello che fiumi di parole o di inchiostro non riescono a dire. All’arte basta poco per esprimere le nostre emozioni e i nostri sentimenti, specie se si tratta di descrivere quei due stati di animo che sono al centro della nostra esperienza, come l’amore e il dolore.

Lo stiamo sperimentando in questi mesi di pandemia, sulla quale molto è stato già scritto. Forse anche troppo, come stanno cercando di fare scrittori, giornalisti, opinionisti, analisti di ogni genere. Eppure, basta una canzone a farci toccare con mano il fondo nudo della nostra anima. Il lato più nascosto di questa nostra vita ormai spogliata e disarmata.

Ci riesce molto bene la cantante Fiorella Mannoia che con i suoi testi riesce a dare voce alle nostre emozioni, alle nostre speranze ma anche alle nostre paure, alle nostre sottili disperazioni. Per dire, ad es., come canta nella sua ultima canzone, che forse non siamo “padroni di niente”. Una verità che questa pandemia ci sta fatto vivere sulla nostra pelle, dandoci la sensazione che tutto passa e nulla resta sotto il sole perchè niente dura davvero.

Passa, certo che passa. Il tempo cammina e lascia la sua traccia. Disegna una riga sopra la mia fronte come fosse la linea di un nuovo orizzonte” (Padroni di niente).

Pensavamo, infatti, che ci potessero bastare le distrazioni per farci dimenticare che siamo passeggeri, che siamo ospiti e non padroni. Tutte spicciole convinzioni che invece si sono rivelate essere solo delle illusioni. La pandemia ce li ha sottratti lasciandoci orfani. Chissà, forse abbiamo anche compreso che molte scelte e molti stili di vita non erano che vuoti a perdere. Contenitori blandi, pieni di cose futili: “Sono questi vuoti d’aria. Questi vuoti di felicità. Queste assurde convinzioni. Tutte queste distrazioni a farci perdere” (Il peso del coraggio).

Oltre alla vita normale, che cosa ci è stato tolto se non pezzi di vita artificiale ritenuti invece essenziali? Abbiamo fatto diventare normale ciò che normale non era, regolare ciò che contraddiceva i desideri più profondi della nostra sete di autenticità. Abbiamo trasformato i bisogni in capricci, come direbbe Bauman.

Abbiamo rinunciato a pensare, riducendo tutto a sole emozioni e gratificazioni. Abbiamo esorcizzato il dolore, e proprio da esso siamo stati colti di sorpresa. Impreparati a gestire la solitudine e la perdita, il distacco e la sofferenza. E, ora, ci sentiamo smarriti e persi. Disorientati e paralizzati. “Sono come buchi neri questi buchi nei pensieri. Si fa finta di niente. Lo facciamo da sempre. Ci si dimentica” (Il peso del coraggio).

Ed è arrivato il vuoto, che mentre ci ha spogliati è diventato anche un luogo in cui avere l’occasione per rimettere in piedi la nostra vita secondo nuove priorità, più vere e più autentiche. Un crisi che possiamo trasformare in una grande opportunità.

Ma per ricominciare dobbiamo evitare imposizioni e radicalismi vari, che nei tempi di paura è molto facile inculcare. Dobbiamo invece essere protagonisti di un cambiamento graduale, senza alcuna arroganza, alcuna presunzione, ma con grande senso di realtà. Con misura e determinazione, e anche con grande umiltà. Perché può accadere che “quando penso di voler cambiare il mondo poi succede che è lui che invece cambia me (…) che quando penso di voler salvare il mondo poi succede che è lui che invece salva me” (Padroni di niente).

Salvare le cose lasciandosi salvare dalle cose. Perché, prima della pandemia, il freudiano “principio del piacere” ci ha illusi che il mondo fosse tutto nel palmo delle nostre mani. Invece, sempre freudianamente parlando, dobbiamo vivere fino in fondo il “principio di realtà”. Non più pensando a un mondo che gira intorno a noi e al nostro solo io, ma pensare a un mondo da costruire anche intorno agli altri.

E ricominciare non vuol dire ritornare alle cose di prima. Quasi un tornare indietro piuttosto che un andare avanti. Al contrario, significa cambiare le cose per dare nuova forma alla nostra vecchia e abusata normalità. Infatti, “Sbaglia chi non cambia” Ma soprattutto sbaglia “Chi genera paura, chi alimenta rabbia” (Padroni di niente).

Se nulla dovesse cambiare, allora vuol dire che questa esperienza, oltre che tragica, è stata inutile, non insegnandoci nulla. Sono la resa e lo scoraggiamento le malattie che ora dobbiamo cercare di combattere, perchè ”la convinzione che non cambierà mai niente è solo un pensiero che inquina la mente” (Padroni di niente).

Prima della pandemia ci sentivamo in diritto di fare qualsiasi cosa, di avere tutto e subito.

Ci sentivamo padroni della vita, degli altri, del tempo, delle risorse naturali. Qualcuno si è sentito padrone anche della città, tanto da approfittarne. Ora, la verità che si sta imponendo è tutt’altra. Essa ci dice “che siamo padroni di tutto e di niente”. Dobbiamo imparare ad accettare i tempi lunghi della vita, soprattutto “che non sempre il tempo cura le ferite” (Il peso del coraggio).

Eppure ancora c’è chi fa finta di niente. “C’è che l’uomo non vede, non parla e non sente” Invece, se ci guardiamo in giro “c’è gente che spera in mezzo a gente che spara e dispera l’amore”. Ma soprattutto “c’è chi non capisce che prima di tutto la vita è un valore” (Padroni di niente).

Certo non si è trattato di un gioco, ma di una esperienza concreta che sta lasciando il segno. Questa pandemia ci ha messo di fronte ai nostri fallimenti e ai nostri errori. Ci ha fatto scoprire gli imprevisti. Ora si tratta solo di accettarli e superarli con la consapevolezza dei nostri limiti, non per scoraggiarci, ma per rialzarci “E ho imparato ad accettare che gli affetti tradiscono. Che gli amori anche i più grandi poi finiscono. Che non c’è niente di sbagliato in un perdono. Che se non sbaglio non capisco io chi sono” (Il peso del coraggio).

Ma è bello lasciarsi con una domanda, perché le domande mentre sospendono certezze date aprono a un punto di svolta che può rovesciare tutto. Una domanda che, mentre prende sul serio ciò che sta accadendo, allo stesso tempo ci dice che non ci conviene assolutizzare il negativo che ci sta attanagliando. La canzone si conclude con un dubbio, quando dice: “E se fosse che stiamo facendo il più brutto dei sogni mai fatti? E se fosse che stiamo soltanto giocando una partita di scacchi tra il nero ed il bianco” (Padroni di niente).

E, allora, piuttosto che stare a lamentarsi o a girarsi dall’altra parte o peggio ancora a voltarsi indietro, forse è arrivato il momento che ciascuno faccia la propria. Non aspettando che siano gli altri a fare il primo passo, ma mettendosi in gioco in prima persona, consapevoli “Che ognuno ha la sua parte in questa grande scena. Ognuno i suoi diritti, ognuno la sua schiena. Per sopportare il peso di ogni scelta. Il peso di ogni passo, il peso del coraggio” (Il peso del coraggio).

E tutto questo senza dimenticare i morti e con una attenzione speciale a tutti coloro che sono stati colpiti economicamente più che altri da questa pandemia. Senza disperdere le nostre energie, sena covar rancori o lasciare che la rabbia prenda il sopravvento, ricordando che “siamo il silenzio che resta dopo le parole. Siamo la voce che può arrivare dove vuole. Siamo il confine della nostra libertà. Siamo noi l’umanità. Siamo in diritto di cambiare tutto. E di ricominciare” (Il peso del coraggio).

E se in questo periodo di difficoltà e di scoraggiamento, questa vita compromessa pare sia complicata per essere rivissuta, nonostante tutto che essa sia benedetta! Perché “per quanto assurda e complessa ci sembri, la vita è perfetta. Per quanto sembri incoerente e testarda, se cadi ti aspetta. Siamo noi che dovremmo imparare a tenercela stretta” (Che sia benedetta).

Proprio in questa pandemia, la vita ci chiama, oltre ogni perdita e oltre ogni paura. Essa si rivolge in modo inedito e si rivolge “A chi trova se stesso nel proprio coraggio, a chi nasce ogni giorno e comincia il suo viaggio. A chi lotta da sempre e sopporta il dolore. Qui nessuno è diverso, nessuno è migliore. A chi ha perso tutto e riparte da zero, perché niente finisce quando vivi davvero, a chi resta da solo abbracciato al silenzio, a chi dona l’amore che ha dentro” (Che sia benedetta).

E, allora, grazie Fiorella per queste piccole perle di saggezza, che unite alla tua musica ci possono aiutare a intravedere la luce in fondo a questo lungo tunnel.

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A cura del prof. Michele Illiceto, Manfredonia 16 gennaio 2021

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