«Belli ciao», in stazione il set di Pio e Amedeo. Il regista Nunziante: «Io, i treni e il sud»

L'arrivo di Pio e Amedeo rappresenta un secondo battesimo di nazionalpopolarità per il paese di Sant'Agata di Puglia in provincia di Foggia, ben 46 an

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L’arrivo di Pio e Amedeo rappresenta un secondo battesimo di nazionalpopolarità per il paese di Sant’Agata di Puglia in provincia di Foggia, ben 46 anni dopo che Antonio Morese vinse Canzonissima con Lu maritiello, accendendo i massimi riflettori sul borgo federiciano dove è nato, e soprattutto adottando il toponimo Tony Santagata.
Arriviamo nel paesino montano (800 metri sul livello del mare) alle 22 di venerdì sera, accolti subito dalle battute esilaranti dei due genietti dauni 37enni nell’anticamera del pub «Il Brigante» intitolato a Giuseppe Schiavone, il santagatino fucilato a Melfi dalle truppe savoiarde nel 1864.

Poi la comitiva del film Belli ciao si trasferisce all’interno, formando una lunga tavolata tra pareti di pietra viva, sbarre antichizzate e cimeli del Regno delle Due Sicilie. E così, in un ponte ideale tra passato e futuro, la rilassata compagnia intona Lu primmo ammore e poi Ci ssi mangiò la zita in onore di Tony, il cantautore che di tanto in tanto torna nella casa natale per trascorrervi qualche giorno.
Alle 23,30 tutti a nanna. L’indomani mattina appuntamento alle 6,30 con i rider, cioè gli autisti della produzione Fremantle, destinazione scalo ferroviario di Candela.

La stazione da due anni è tornata operativa ed è molto frequentata da studenti e pendolari. Ma nel sabato autunnale è eccezionalmente presidiata dalla straordinaria fabbrica di emozioni che è il cinema. Il vagone che va su e giù sul primo binario, obbedendo ai ciak del regista Gennaro Nunziante, è assolutamente vero, è il macchinista è pure vero, e ci mancherebbe. Ma già il capostazione è un attore, anzi un operaio della Fiat di Foggia con la passione per la recitazione, all’anagrafe Vito Rosata da Sant’Agata, viso rubicondo sotto il berretto pure rosso delle Ferrovie.
La sequenza. Anni Novanta. Pio, imparruccato per sembrare ragazzo, parte per il Nord mentre mezzo paese lo saluta augurandogli a gran voce «buona fortuna!». Il trenino azzurro carico di passeggeri va e viene più volte al grido di «azione!», per permettere alla numerosa e attenta troupe di girare primi piani, dialoghi e totali, mentre la parrucca di Pio ondeggia al finestrino.

Sulla banchina rimangono i genitori e l’amico Amedeo.

A proposito. Il padre di Pio è interpretato dal barese Pinuccio Sinisi (Anonima Gr) con i capelli insolitamente scuri per esigenze di copione, la madre ha le fattezze della salentina Gegia-Francesca Antonaci, mentre tra i caratteri dei compaesani c’è il bravo Nicola Gravina in panciotto e giacca beige.

Nella sala ristorante è allestita la costumeria che ha vestito le comparse con gli abiti del dì di festa, tra improbabili tubini, giacche stazzonate e coppole mezzo flosce. Bisogna salutare il partente e il momento dell’addio è importante.
Oggi giorno di pausa. Domani si gira sul cocuzzolo, a Sant’Agata, dove in una casa antica è ricavata l’abitazione della famiglia di Pio con i «genitori» Sinisi-Antonaci. Pio e Amedo sono ormai autentiche «star»: il successo è arrivato dopo la lunga gavetta nelle Tv locali (Teleregione, TeleNorba), per poi approdare a Italia 1 e sulla Rai per Sanremo 2019.

PARLA IL REGISTA NUNZIANTE: IO, I TRENI E IL SUD – Pausa cestino sul set alla stazione ferroviaria di Candela, paese collinare a una quarantina di chilometri a Sud di Foggia. Finora conosciuto soprattutto per il meraviglioso presepe natalizio e per la locuzione «vento a Candela» familiare soprattutto ai camionisti che percorrono l’autostrada Bari-Napoli, da ieri è al centro dell’arte cinematografica di una firma di successo, capace di rimpinguare i botteghini meno avvezzi al tutto esaurito.
Parliamo di Gennaro Nunziante, il regista e sceneggiatore barese, considerato il Re Mida della settima musa dopo gli incassi record della tetralogia di Checco Zalone (Cado dalle nubi, Che bella giornata, Sole a catinelle e Quo vado?). Nel Subappennino dauno Nunziante, 57 anni a fine mese, sta dirigendo per la prima volta i comici foggiani Pio e Amedeo (D’Antini e Grieco i rispettivi cognomi) nel loro terzo film Belli ciao, produzione Fremantle.

Il cineasta barese del quartiere Libertà apre una lattina di tè freddo e racconta come è nato il progetto. Tutto è partito da una telefonata di Marco Montrone, presidente di Radionorba ed esponente della nuova generazione del Gruppo Norba.
«Un giorno, prima della pandemia, mi telefona Marco – ricorda Nunziante – e mi dice che i ragazzi (Pio e Amedeo, ndr) vogliono incontrarmi per parlare di una cosa».

Quindi?
«Accetto volentieri, andiamo a cena e mi spiegano l’idea. Vogliono essere diretti da me nel loro prossimo film. Torno a casa e l’indomani ne parlo con mia moglie Margherita e i ragazzi. In ogni caso, il progetto inizialmente non appariva realizzabile, perché avevo già un impegno preso con una produzione francese. Il minore dei miei tre figli, Renato, però, che frequenta il liceo Scacchi ed è un grande ammiratore di Pio e Amedeo, mi spinge ad accettare comunque».

Ma la produzione francese…?
«In effetti in quel momento era ferma per adempimenti preliminari, io parlo con i referenti in Francia e per loro non ci sono problemi, quindi accetto “Belli ciao” e nel frattempo arriva l’epidemia, a marzo anche Parigi è in totale lockdown e i programmi vengono giocoforza sconvolti. Del resto anche le registrazioni di questo film erano previste per maggio-giugno e sono slittate di quattro mesi».

Che cosa prevede il piano di lavorazione?
«Dal 13 al 31 ottobre siamo a Sant’Agata di Puglia, qui vicino, a parte questa location a Candela. Poi Roma e Milano, in interni ed esterni».

Può svelare qualcosa della trama?
«È la storia di due amici di un paese del Sud, raccontata fin dall’infanzia, che fanno scelte diverse, nel senso che uno emigra al Nord (Pio, ndr) e l’altro decide di restare al paesello».

Naturalmente ci sarà da ridere e il pubblico oggi vuole divertirsi più che mai, per scacciare i cattivi pensieri. Pensandoci, sembra un po’ la storia della sua vita. Lei è rimasto, nella sua città di origine, nella sua Bari. Se ne è pentito?
«Sono rimasto perché al momento di prendere la decisione avevo già i bambini piccoli, gli affetti, e perché mi scocciava un po’ questa idea di andarsene dal Sud per forza. D’altra parte, ora, quando sto a Bari, per la maggior parte del tempo sto chiuso in casa a lavorare al computer».

Nei suoi film ricorre l’immagine di un treno che parte. Questo diesel che taglia il verdeggiante Subappennino fa pensare al treno che dalla stazioncina di Polignano a Mare porta Zalone a Milano, in «Cado dalle nubi».
«Da piccolo – si congeda il regista barese ormai notissimo – andavo spesso a trovare mio padre ferroviere sul posto di lavoro».
In quel momento si materializza uno dei tanti abitanti di Candela, incuriositi dal caos di tir, pullmini, monitor e carrelli della Fremantle. Nella cittadina la notizia dei ciak con Pio e Amedeo si è sparsa in un baleno. Ma questo è un passante davvero speciale. Si chiama Michele Brindicci, ha 46 anni, osserva il piano superiore della stazione con sguardo nostalgico appena nascosto dalla mascherina: «Quella era la mia cameretta – sospira -. Mio padre, barese di origine, è stato il capostazione qui, per tanti anni. Sono cresciuto in questa palazzina con lui e mia madre, essa era il nostro alloggio di servizio».

«Belli ciao», in stazione il set di Pio e Amedeo. Il regista Nunziante: «Io, i treni e il sud»

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