Invasione dei granchi blu sul Gargano: il progetto che a Lesina punta a trasformarlo in moleca „

  E' il terrore dei laghi. Divora tutto e con le chele di forbice blu metallico recide le reti da pesca. Il granchio blu, o granchio reale, ha

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E’ il terrore dei laghi. Divora tutto e con le chele di forbice blu metallico recide le reti da pesca. Il granchio blu, o granchio reale, ha invaso le lagune di Lesina e Varano. Dall’anno scorso, di necessità virtù, prepotente e pieno di una polpa carnosa, è entrato nelle cucine dei ristoranti garganici. Il Cnr di Lesina monitora ormai da una decina d’anni le popolazioni stabili presenti nei due laghi.

Lucrezia Cilenti, ricercatrice e biologa, referente della locale sede Cnr-Irbim (Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche) conosce bene il nemico. “È una specie invasiva e sta generando dei grossi problemi a carico del comparto della pesca. Ha delle grosse chele possenti – ed è anche un abile nuotatore – e con queste taglia le reti tradizionali dei pescatori locali, chiamate qui paranze, e danneggia anche il pescato. I granchi blu sono onnivori, mangiano tutto quello che gli capita tra pesci, molluschi bivalvi, ma non disdegnano, in periodo di carestia, anche macroalghe e fanerogame”.

Il granchio blu ha invaso tutto il Mediterraneo. La tesi più accreditata è che sia arrivato attraverso le acque di zavorra delle grandi navi. “In quest’acqua capita di tutto – spiega Lucrezia Cilenti – dalle larve dei crostacei decapodi fino ai virus, batteri e pesci. Quando arrivano nei nostri porti queste acque vengono scaricate e con loro tutto quello che c’è all’interno. Ora, nell’era del cambiamento climatico globale, abbiamo temperature più elevate che favoriscono le specie più esotiche, anche quelle provenienti dal Mar Rosso per intenderci, e le migrazioni. Trovano nelle nostre lagune cibo e un ambiente confortevole e si stabilizzano, riproducendosi e colonizzandole”. 

In quanto specie aliena, andrebbe eradicata, almeno secondo le indicazioni della Comunità Europa. Una missione impossibile, o quantomeno un’operazione complicata. E qui entra in gioco la ricerca. Il team di Lucrezia Cilenti ha individuato una soluzione per abbassare il tasso riproduttivo e tenere sotto controllo la popolazione. “Stiamo provvedendo con il progetto Po Feamp Catchupfish della Regione Puglia, finanziato dai fondi europei per la pesca, a suggerire dei sistemi di controllo biologico della specie. Conoscendo il ciclo vitale della specie Callinectes sapidus bisognerebbe catturarle alle foci delle nostre lagune, perché le femmine gravide guadagnano il mare per andarsi a riprodurre”. Sono già in una fase avanzata dello studio. “Abbiamo raccolto i dati e possiamo già gettare le basi per quelle che saranno le linee guida per la gestione della pesca nella laguna di Lesina, nella fattispecie, e potremo anche fare un vademecum per i pescatori e una sorta di formazione per poi assegnare un valore commerciale alla specie anziché abbatterla senza avere un ritorno. Sarebbe un peccato, considerate le enormi proprietà organolettiche. Possono essere estratte anche biomolecole attive importanti come la chitina e il chitosano di cui il loro carapace è costituito”. 

Il valore di questi squisiti crostacei non è stato ancora compreso, e un chilo di granchi blu da queste parti viene venduto anche a due euro al chilo. “Il pescato viene portato anche nei grossi centri di spedizione e raggiunge le lagune dell’alto Adriatico dove il prezzo aumenta un po’ ma non di tanto, può arrivare a 6-7 euro al chilo“, osserva la ricercatrice.

“È un eccellente prodotto della gastronomia, proviene dal Nord America, dove ha una fetta di mercato piuttosto importante. Se lo facciamo conoscere agli stakeholder locali, ristoratori, pescatori, e gli diamo un valore commerciale, non considerandolo più bycatch (frutto della pesca accidentale, ndr) può diventare un prodotto delle nostre lagune, mirando però all’estinzione di questa specie per dare spazio alle specie endemiche come il granchio verde, Carcinus aestuariiÈ un piatto della tradizione della laguna veneta, anche sotto forma di granchio molle, che in quei luoghi viene chiamato moleca. E ha un valore commerciale altissimo: può arrivare anche a 70 euro al chilo. Tutti i crostacei decapodi possono evolvere in un prodotto di questo tipo e noi auspichiamo di trasformare anche il granchio blu in una moleca, per dargli un valore commerciale maggiore, prendendosi i mercati internazionali”.

Per chi si domandasse come funziona la muta che compiono anche due volte a stagione, Lucrezia Cilenti lo spiega in stile didascalico: “Tutti i crostacei decapodi, quando crescono, hanno bisogno di farsi spazio per cui cambiano il vestito, l’esuvia. Escono da questa esuvia, e in quella fase sono molli, completamente morbidi, e rappresentano una leccornia per il palato”. Non li vediamo in quella fase perché “hanno un metabolismo più lento, non si muovono”. Per pizzicarli nudi un trucchetto ci sarebbe: “L’astuzia sarebbe quella di individuare le fasi in anticipo, prima che vadano in muta, e ci sono delle caratteristiche visive che danno indicazione della muta imminente: si catturano e si aspetta che vadano in muta”. Il Cnr di Lesina ci sta lavorando: “Speriamo di avere le moleche, stiamo mirando a questo”. 

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