La seppia “a sicce”, denominata dagli antichi pescatori sipontini “a cicce” assume a seconda del periodo dell’anno di quando viene pescata nomi divers
La seppia “a sicce”, denominata dagli antichi pescatori sipontini “a cicce” assume a seconda del periodo dell’anno di quando viene pescata nomi diversi in vernacolo. Tradizione secolare vuole, che le seppie (esemplari femmine) ogni anno nei mesi di marzo, aprile e maggio, arrivano in massa dal nord Adriatico nel Golfo di Manfredonia per depositare le uova, seguite da numerosi esemplari maschi in cerca di accoppiamenti. Verso la fine di febbraio inizi di marzo, quando, con le prime belle giornate di sole e mare calmo, le seppie stanziali che sono nate e rimaste “ammamméte” nelle acque del Golfo “sope u funnéle” a 15-20 passe d’acque” vengono sottocosta. Queste grosse seppie che vanno sotto il nome de:“i Patriòle”, vengono pescate con reti da posta dette “ndramacchiéte” (reti con il tramaglio). “I Patriòle” dette anche “secciùne” o “scarpune” sono grosse seppie che possono raggiungere anche il peso di 2 o 3 kg. Mi riferivano alcuni pescatori, che da anni utilizzano reti da posta per la pesca delle seppie sottocosta, che sono stati pescati nel tempo grossi esemplari di seppie (di sesso maschile) fino a 3,5 kg di peso. Sempre agli inizi di febbraio, vengono altresì, pescate con reti da posta esemplari molti grandi di seppie che vanno sotto il nome de “i sicce de San Lorenze” (le seppie di S.Lorenzo), così denominate, perché si pescano nel periodo della Festa di S.Lorenzo Maiorano, protettore della nostra Città, che si celebra il 7 febbraio. La cattura di queste seppie avviene posizionando le reti da posta nei pressi delle sorgenti lungo la costa dove l’acqua si mantiene temperata. Fino a pochi anni fa, il 19 marzo, festa di S.Giuseppe, presso gli uffici della Capitaneria di Porto di Manfredonia, come da antica tradizione, “ce terove u bussolòtte”, veniva praticato il sorteggio per la spartizione del mare tra tutti i pescatori che esercitavano “u staggione i sicce” (la stagione della pesca delle seppie) con reti da posta posizionate sottocosta. Va ricordato che prima del sorteggio, i pescatori lavoravano “a stracque”, dove ognuno era libero di posizionare le reti da posta sottocosta dove volevano. Le seppie che si pescavano prima del sorteggio per la spartizione del mare, andavano (e vanno) sotto il nome “a fanderije”, così denominate perché sono quelle che per prime arrivano sottocosta, per depositare le uova nel Golfo di Manfredonia. Sono seppie medie e quasi tutte della stessa grandezza. La seppie pescate nei mesi di marzo-aprile e maggio nel Golfo di Manfredonia sempre con reti da posta sono le seppie di maggiore qualità (tant’è che sono rinomate in Italia come le nostre triglie).
Queste seppie, che sono le preferite dei sipontini, sono spesso utilizzate nella cucina manfredoniana nella preparazione di ricette culinarie diverse. Va ricordato che durante la stagione delle seppie, periodo denominato in loco “u staggione i sicce” un esercito di seppie femmine arrivano nel Golfo di Manfredonia per depositare migliaia di uova, per il ripopolamento della specie nel nostro mare. Con riferimento alla pesca delle seppie, che si protrae in loco fino a maggio, voglio evidenziare due modi di dire della nostra tradizione marinaresca, quando la pesca delle seppie volge al termine nel mese di maggio: “a sicce a magge ce mette ‘nviagge”(la seppia a maggio si mette in viaggio) oppure “a siccia marzaiole a magge fe vole” (la seppia del mese di marzo a maggio si allontana dal Golfo). Dopo il 13 giugno (festa di S.Antonio da Padova) sempre con le reti da posta si pescano ancora sottocosta seppie (ma non in grande quantità) che vanno sotto il nome de: “I sicce de Sand’Andònje”, la maggior parte, però, sono esemplari maschi. Va ricordato, che fino a una ventina di anni fa, venivano pescate nel Golfo (e questo a detta di alcuni pescatori anziani che ho intervistato) esemplari di seppie che portavano sulla pelle del dorso (sope u scurze) oltre alle caratteristiche striature due piccoli cerchi a mò di occhi di pavone. Nei mesi di agosto e settembre, allorquando molti pescatori erano dediti (lo fanno tuttora) alla pesca dei polpi, degli spari “i sbarrune” e delle rinomate triglie “d’aspre” (di scoglio) e “de mogghie” (di fango) , nel Golfo si pescano le golosissime “scarpètte” (piccolissime seppie), vera prelibatezza del palato, che si mangiano preferibilmente crude.
Le piccolissime seppioline, dopo averle pulite dalle interiora vengono “arreccete” e poi tenute al fresco (per farle diventare croccanti). Prima di gustarle “a veccòne”, vengono condite con olio extravergine di oliva, pepe, pizzico di sale e limone. A tal proposito, a Manfredonia, va tuttora in voga il detto: “ah, che sarrije mò, nu crute de scarpètte!”. Purtroppo, “i scarpette”, non vengono più pescate in gran quantità come un tempo, complice la pesca con le reti a strascico. Voglio precisare che in loco le seppie di media grandezza e quelle più piccole assumono nomi diversi nel gergo marinaresco locale: “i marmurine” o “mezzéne” (sono quelle seppioline un po’ più grandi di quelle che in loco chiamiamo “seccetèlle”). “I seccetèlle”, denominate anticamente ”ceccetèdde” invece, sono seppioline di grandezza superiore a quelle che vanno sotto il nome di “scarpètte”. Quest’ultime, invece, sono i più piccoli esemplari di seppie che vengono pescate nel Golfo. Va evidenziato che da anni, la stagione delle seppie praticata nel nostro Golfo, viene alternata da annate di magra con annate di cattura di grandi quantità di questi prelibati molluschi appartenenti alla famiglia dei Cefalopodi.
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