La NOVITA' che il coronavirus ha portato agli stabilimenti balneari di Manfredonia, è che non avranno i tradizionali “casotti”, ovverosia le cabine-sp
La NOVITA’ che il coronavirus ha portato agli stabilimenti balneari di Manfredonia, è che non avranno i tradizionali “casotti”, ovverosia le cabine-spogliatoi caratteristica storica della spiaggia “Castello”, la spiaggia sotto casa dei manfredoniani. L’ultima caletta garganica prima che il golfo si distenda verso sud in un lunghissimo arenile. <Li ho dovuti eliminare per avere maggiore spazio da riservare alla distanza tra gli ombrelloni> rivela Peppino Titta, gestore del bagno più antico di Manfredonia già nota sin dalla metà dell’Ottocento per i suoi caratteristici stabilimenti montati su palafitte in mare.
LA MANFREDONIA balneare si evidenziò ben prima che si allestisse la spiaggia ai piedi del castello svevo-angioino. I primi due stabilimenti balneari sorsero infatti l’uno a Cala dello Spuntone e l’altro al mandrione del porto. Giovanni Titta, bisnonno di Peppino, installò il primo bagno a Cala dello Spuntone, uno specchio di mare ben oltre l’inizio di corso Manfredi che lambiva la strada attuale, ormai inesistente, prosciugato per far posto a Piazza Marconi, Capitaneria di porto, cantieri navali Rucher>. A utilizzare il mandrione fu la famiglia De Marzio, località scelta perché protetta dai venti. Nei primi anni del ‘900 tanto il “Turbine” di Titta (rinominato “Risorgimento” dopo che il primo era stato distrutto da un incendio), quanto il “Vittor Pisani” di De Marzio, traslocarono nella più confortevole spiaggia Castello ove furono raggiunti, nel 1919, dal terzo stabilimento: “Torre San Giusto” così chiamato dal proprietario Giovanni Tricarico in omaggio al Castello San Giusto di Trieste ove aveva combattuto nella Grande guerra.
LA CARATTERISTICA, tra tecnica e folcloristica, di questi tre stabilimenti balneari era di avere una dependance in mare. Oltre ai “casotti” sull’arenile, ne avevano altri costruiti in mare su palafitte a pochi metri dalla battigia. Un accorgimento per garantire la privacy dei bagnanti rigorosamente divisi, distanziati da una passerella: da una parte gli uomini dall’altra le donne. E per garantire il massimo della riservatezza, ciascun camerino era dotato di una botola attraverso cui i bagnanti, abbigliati con castigatissimi costumi, potevano scendere direttamente in mare. Ma non basta. Le varie attività balneari dovevano attenersi a delle precise regole dettagliatamente codificate, come ricorda Pasquale Ognissanti dell’Archivio storico sipontino, in un Regolamento di Polizia del 1849 aggiornato nel 1869. Tra le altre prescrizioni: le palafitte non potevano essere piantate sugli scogli; la profondità del mare doveva oscillare tra 1 e 1,5 metri; non era consentita alcuna promiscuità fatta eccezione per mariti e mogli di <chiara pubblica conoscenza>.
NONOSTANTE tanta attenzione non erano rare le trasgressioni. Come quella che ebbe come protagonista un giovane ingegnere di Foggia che, riporta il ricercatore Franco Rinaldi, invaghitosi della nipote del sindaco della città, tentò una invasione di…mare. Colpito da ordinanza di divieto d’accesso allo stabilimento, l’ingegnere Scopoli tornò a Manfredonia scortato da alcuni amici per sfidare a duello il sindaco. Una provocazione che mobilitò l’intera popolazione che costrinse il giovane intraprendente a lasciare frettolosamente la città.
NEGLI ANNI Trenta la spiaggia si arricchì di un nuovo impianto balneare, la “Sirenetta” costruito in muratura dall’imprenditore di Foggia Agostino Sevi sulla scogliera che cingeva a nord la spiaggia Castello. Oggi è sede della Lega Navale. Lo stesso Sevi che negli Anni cinquanta impiantò un analogo stabilimento a Siponto (il lido Aurora) dando l’avvio alla valorizzazione della spiaggia di Siponto. L’accresciuta capacità ricettiva della spiaggia attirò i bagnanti da Foggia i quali al ritmo cadenzato degli zoccoli percorrevano il tragitto dalla fermata del treno in Piazza Marconi alla spiaggia Castello.
LE PALAFITTE, fascinoso emblema dei bagni nel golfo, sopravvissero ancora per poco superate per le difficoltà tecniche, ma ancor più per l’evolvere dei costumi. I “casotti” trovarono sistemazione sull’arenile. La spiaggia si animò vivacemente anche per effetto di una più tollerante privacy. Una continua evoluzione fino a questa imposta dal Covis-19.
Michele Apollonio
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