Contagi in Puglia: piano ospedali per una seconda ondata, altri 260 posti di intensiva

Da settembre-ottobre la Puglia avrà 260 posti letto di terapia intensiva in più. Serviranno per quella che impareremo a chiamare fase-3, ma non sarann

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Da settembre-ottobre la Puglia avrà 260 posti letto di terapia intensiva in più. Serviranno per quella che impareremo a chiamare fase-3, ma non saranno legati (solo) all’emergenza covid e alla temuta seconda ondata: verranno attivati a tempo indefinito. È l’effetto dell’articolo 2 del Decreto legge 34, che la Regione sta implementando in queste ore con l’obiettivo di presentare il piano al ministero della Salute prima della scadenza del 19 giugno. «Ma noi – dice il capo del dipartimento Salute, Vito Montanaro – ci siamo mossi già prima e guardando agli scenari futuri: non ci occuperemo solo della dislocazione fisica dei posti letto, ma della logistica, delle forniture, del personale e dell’integrazione ospedale-territorio».

Partiamo dai posti letto di intensiva. Dall’emergenza i cittadini hanno capito che l’Italia ne ha molti meno, ad esempio, della Germania. E dunque che non bastano.
«Abbiamo già avuto la prima riunione con il ministero per l’adeguamento dei posti letto di terapia intensiva al 14 per mille. Con 4 milioni di cittadini, la Puglia dovrà avere 560 letti: oggi sono 304, dunque dobbiamo aggiungerne 260 a fronte dei 300 previsti dal piano per la fase-2».

Qual è la differenza?
«Non sono posti di terapia intensiva “per” il covid ma “a seguito” del covid. Dobbiamo adeguare la rete, questo diventerà il nuovo standard a cui fare riferimento».

Come verranno distribuiti sul territorio?
«Su questo è in corso una discussione. Di sicuro non possiamo attivare letti di terapia intensiva e subintensiva in posti piccoli da 50-60 posti letto. Ci stiamo orientando verso ospedali da 120-150 posti letto, di cui il 20% di intensiva e il resto ripartiti tra pneumologia e infettivi. Due possibilità: “strutture nelle strutture” tipo quelle che sono state create al Miulli di Acquaviva e ad Asclepios oppure, meglio, strutture vicine a grandi ospedali come i Policlinici di Foggia e Bari ma totalmente separati dagli altri reparti. Questo perché non possiamo di nuovo bloccare l’attività».

A questo proposito: ci sono proteste un po’ dappertutto perché i servizi tardano a ripartire.
«Abbiamo chiesto a tutte le Asl di fare un piano di progressiva dismissione delle strutture straordinarie, che si spingerà fino ai primi di luglio così da tornare alla fase-1 del 16 aprile con il ritorno in rete delle rianimazioni e delle subintensive. Ora le Asl dovranno presentarci proposte anche per la fase-3. Potremmo decidere di puntare ad esempio sul “fungo” accanto al Policlinico di Bari, sul D’Avanzo di Foggia e su San Cesario così da utilizzare il grande ospedale vicino per fornire servizi alla struttura covid».

Gli operatori sanitari chiedono riconoscimenti per il lavoro di questi mesi. A che punto è la trattativa?
«Abbiamo attivato un tavolo sindacale per la ripartizione dell’indennità di disagio prevista dal Dl 18. L’accordo è stato sostanzialmente raggiunto venerdì e domani (oggi, ndr) dovrebbe arrivare la firma. Riguarda tutto il personale coinvolto dall’emergenza, direttamente o indirettamente, e quello che ha lavorato nei reparti non-covid. Nell’accordo sono inclusi i medici del 118, il personale delle Sanitaservice e gli autisti di ambulanza. Sono state individuate tre fasce da 50, 30 e 20 euro a turno. Si arriva fino a un massimo di mille euro al mese per due mesi».

Come vanno i 21 parametri di monitoraggio dell’epidemia?
«Molto bene. Il parametro Rt della settimana 11-18, quello su cui si basa l’ordinanza in vigore da oggi (ieri, ndr) è a 0,43. Stiamo tenendo la situazione sotto controllo».

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