A MANFREDONIA A MAGGIO L’ANTICHISSIMA FESTA DEL ‘3 DELLA CROCE’

(Maria Teresa Valente ✍️) Nel 1739 l'arcivescovo sipontino Marco Antonio de Marco istituì a Manfredonia, fuori le mura cittadine, la

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(Maria Teresa Valente ✍️)

Nel 1739 l’arcivescovo sipontino Marco Antonio de Marco istituì a Manfredonia, fuori le mura cittadine, la Congregazione di Santa Croce, presso l’antico Ospedale San Lazzaro, ricovero per malati che risale addirittura all’epoca sveva e fu il primo luogo di cura della città.

Ristrutturato l’antico ospedale, le famiglie de Florio e Tontoli fecero costruire un sontuoso altare con un crocifisso che fino agli anni Venti del Novecento veniva portato in processione il giorno del Venerdì Santo per le strade cittadine.

L’usanza pian piano scomparve, ma il 3 maggio di ogni anno s’iniziò a festeggiare il giorno della Croce del SS. Redentore. Come mai proprio questo giorno? Strano a dirsi, ma per nessuna particolare ricorrenza religiosa: tale data era stata scelta dal popolo sipontino.

“Per tanti secoli la chiesa della Croce veniva affidata in custodia a famiglie laiche: naturalmente erano famiglie molto religiose, che stavano ai piedi di Gesù – ha raccontato nel 2005 Tonino Tria, ultimo custode ‘laico’ della chiesa, a Teresa La Scala, insegnante, giornalista e scrittrice, in un’intervista fatta per ManfredoniaNet – Inizialmente erano soprattutto famiglie di pescatori, che si passavano la chiave di generazione in generazione e si prendevano cura della chiesa. Un bel giorno decisero che si doveva fare la Festa della Croce, e scelsero il 3 di maggio per due motivi: il mese di maggio sanciva la fine della stagione delle seppie (che andava dagli inizi di marzo fino alla fine di aprile); il numero tre è, invece, il simbolo della croce e della Trinità”.

La festa del 3 di maggio ha sempre mobilitato presso la chiesa del SS. Redentore tantissime persone. Fino ai primi anni ’60 era molto sentita in città, quasi come una piccola festa patronale, richiamando persone di ogni quartiere, che qui trascorrevano l’intera giornata facendo una vera e propria scampagnata. A quei tempi, infatti, la chiesa si ergeva ancora solitaria su un’altura, circondata da campagna e fichi d’india. C’erano anche le classiche bancarelle di noccioline, torrone e palloncini. E c’erano messe per tutto il giorno, ad ogni ora, dalle sei della mattina e fino a mezzanotte, annunciate da tre rintocchi, proprio come il numero simbolo della croce. Nel pomeriggio si teneva una processione che scendeva giù fino al viale della stazione, proseguiva fino al vecchio mercato ittico e poi tornava in chiesa.

Con gli anni la campagna circostante la chiesa ha lasciato il posto a palazzi ed edifici vari e la festa ha perso la pomposità che la contraddistingueva, ma negli ultimi decenni è stata riportata in auge con successo dai parrocchiani, che l’hanno resa un allegro momento di ritrovo nel quartiere tra musica e balli.

Quest’anno la ricorrenza cade in un momento particolare, ultimo giorno di una fase 1 di un’epidemia mondiale da Coronavirus che ha interrotto feste e celebrazioni, ma non il ricordo della storia nostra città. Questo non deve togliercelo nessuno, nemmeno una pandemia.

Maria Teresa Valente

(Nella foto di Lauriola Fotografi la chiesa Croce negli anni ’60, nel giorno del matrimonio dei coniugi Guerra)

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