I provvedimenti di divieto decisi nei decreti del presidente del Consiglio dei ministri vengono assunti sulla base di un algoritmo che tiene sotto con
I provvedimenti di divieto decisi nei decreti del presidente del Consiglio dei ministri vengono assunti sulla base di un algoritmo che tiene sotto controllo sia i dati del contagio sia i posti di terapia intensiva. Le decisioni delle Regioni, invece, su quale valutazione si poggiano? Pensate cosa succederebbe se ogni sindaco da domani decidesse che cosa far aprire e che cosa chiudere».
Il sindaco di Bari e presidente Anci, Antonio Decaro, attacca a testa bassa le ordinanze delle Regioni che stanno modificando i decreti del governo sulle restrizioni di contenimento per il coronavirus. Beccandosi la rivolta dei sindaci e assessori regionali leghisti, che lo accusano di parlare per nome e conto solo del Pd, e le bacchettate dei Dem pugliesi. «Con riferimento alle dichiarazioni di alcuni sindaci che denunciano l’inadeguatezza di ordinanze regionali emesse nelle ultime ore, occorre comprendere – dice il segretarrio regionale Marco Lacarra – che non è il momento di aprire un conflitto, da un lato, tra i livelli di governo territoriale e, dall’altro, tra Governo ed enti locali. È il tempo della responsabilità, prima di tutto nei confronti dei cittadini, che meritano di vedere il fronte delle istituzioni compatto di fronte alla gestione di un’emergenza sanitaria e sociale tanto profonda».
Decaro non ci ha visto più di fronte alle ordinanze (Puglia compresa) che hanno anticipato rispetto al 4 maggio la mobilità di alcune categoria e la riapertura progressiva di alcuni servizi. Al punto che lo stesso presidente della Puglia Michele Emiliano, autore dell’ordinanza che autorizzava sin da ieri la ripresa dei servizi per la ristorazione con asporto (e contestuale divieto di assembramento dentro e fuori i locali), ieri ha dovuto emettere una nuova ordinanza per la festività del 1° maggio, autorizzando solo i servizi di ristorazione a domicilio. Ma a Decaro gli esercenti pugliesi hanno anche consegnato le chiavi che promette di portare al governo. «I sindaci sono schierati con le attività economiche: non basta il bonus partite Iva, bisogna aiutare i negozianti a pagare non solo le tasse, ma le bollette, l’affitto, i costi di sanificazione e le attrezzature dice, lanciando l’affondo sulle Regioni e sul Governo.
«Non possono essere le Regioni, con tutto il rispetto per le Regioni – ha detto Decaro – a stabilire le linee guida sulla distanza sociale da adottare in un bar e protocolli di sicurezza relativi. Altrimenti quello che abbiamo fatto fino a oggi, tutto il lavoro, svolto anche dai Comuni, per condividere protocolli per riaprire in sicurezza, per esempio, i cantieri, era un lavoro inutile? Abbiamo stabilito quante persone possano entrare, fissato ingressi separati per i fornitori, individuato i dispositivi di protezione individuale, e deciso cosa fare se, nell’ambito dei controlli, un lavoratore risulti avere una temperatura superiore a 37,5 gradi. Se era un lavoro necessario per i cantieri, e io sono convinto di sì, come mai non lo è per bar e ristoranti?».
L’ira di Decaro, probabilmente dettata anche dalla grande ripresa in atto nella sua città (Bari), dove tutto sembra essere tornato alla normalità ben prima del 4 maggio nonostante i suoi «blitz» con tanto di telecamere al seguito su facebook (diventati virali), va oltre: «Se volete una sfida da parte degli enti locali – dice rivolgendosi ai governatori – noi l’accettiamo. Possiamo iniziare emettendo ordinanze che disapplicano le ordinanze regionali, seguendo il decreto nazionale. Abbiamo dimostrato senso di responsabilità ma non è che si possono scaricare sulla responsabilità dei sindaci tutte le problematiche del Coronavirus».
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