La situazione degli invasi lucani (-40% di acqua rispetto allo scorso anno) non creerà problemi idrici durante la prossima estate. Ma il presidente di
La situazione degli invasi lucani (-40% di acqua rispetto allo scorso anno) non creerà problemi idrici durante la prossima estate. Ma il presidente di Aqp invita a guardare oltre:«Dobbiamo guardare sempre vent’anni avanti – dice Simeone Di Cagno Abbrescia -, lavorando sullo sviluppo delle fonti ma anche sull’acquedotto adriatico e sugli accordi con le altre Regioni. Aspettiamo che passi il momento elettorale: questi accordi devono partire dalla volontà politica ma poi dovranno svilupparsi con i tecnici».
Dunque, cominciamo dalle nuove fonti. Se ne parla da un decennio almeno. Cosa c’è di nuovo.
«Abbiamo delle possibilità limitate di attingere alle sorgenti del Tara, che sono salmastre e stiamo facendo la prima sperimentazione per dotare le Tremiti di un dissalatore. Seguiremo il percorso della dissalazione, anche se il costo energetico è elevatissimo. L’idea è di individuare due siti, uno potrebbe essere Brindisi e l’altro Manfredonia, che possano servire l’area foggiana e il Salento. Dobbiamo superare il problema della salamoia che probabilmente potrà essere ributtata in mare».
Cos’è l’acquedotto dell’Adriatico?
«Abbiamo necessità di trovare nuova acqua. I dati ci dicono che di qui al 2030 servirà il 40% di acqua in più, e non ce lo abbiamo. Il fiume Pescara butta in mare migliaia di litri al secondo: si potrebbero captare per servire basso Abruzzo, Molise e il Foggiano, liberando risorse per servire il Salento. Ciò che è stato fatto dai nostri antenati deve essere fatto oggi: prendere una fonte e fare l’accordo con le Regioni».
A proposito, la galleria Pavoncelli bis è terminata e resta chiusa in attesa di terminare le procedure amministrative e di consegnarla a voi. Che novità ci sono?
«Il nuovo commissario è il provveditore alle opere pubbliche. Il vecchio commissario ha avuto 10 giorni per trasmettere i documenti. Noi abbiamo dato la disponibilità a collaborare e tecnicamente siamo pronti a fare qualunque cosa, ma non potevamo subentrare nelle procedure amministrative. Sui tempi, però, non possiamo dire ancora nulla».
Vi preoccupa la situazione degli invasi lucani?
«Al momento è solo leggermente inferiore alle medie e lo scenario è di allerta moderata. Il problema è che le dighe non possono essere riempite perché Consorzi ed Eipli non hanno fatto le opere di protezione. Anche qui dovrebbe intervenire la politica. I nostri modelli idraulici ci dicono che se da oggi non dovesse proprio più piovere, l’estate sarebbe superata. Ma c’è da dire che stiamo lavorando molto anche per tenere più acqua nei tubi».
Quello della «newco» che dovrà occuparsi del risanamento perdite è tema di polemica politica. Come stanno le cose?
«I 2.027 dipendenti di Aqp lavorano pancia a terra sulle attività ordinarie. Ci sono 640 milioni di euro da spendere per il recupero delle perdite in 14 anni, un tempo molto lungo che vorremmo compattare. Per farlo servono operazioni eccezionali per le quali dovremmo distrarre uomini e mezzi a nocumento dell’attività ordinaria. Ecco la necessità di affiancarsi a un partner, per il quale a brevissimo partirà una ricerca di mercato europea. Cerchiamo un soggetto che ci affianchi sia sotto l’aspetto tecnologico che operativo, ma sempre sotto la direzione di Aqp. Faremo appalti suddivisi in lotti così da consentire alle imprese locali di partecipare. Io non capisco le critiche di chi dice che vogliamo fare entrare i privati. Tutti gli appalti che facciamo sono fatti da privati ma Aqp è l’esempio perfetto di gestione pubblica dell’acqua: una società per azioni di proprietà di una Regione, che fa utili e li reinveste nel miglioramento del servizio».
I depuratori sono l’altro tema sensibile che ci riporta all’inizio, alla ricerca delle fonti.
«Gestiamo 183 depuratori, di cui 130 adeguati alle ultime tecnologie disponibili. Depuriamo e affiniamo quest’acqua e poi siamo costretti a buttarla in mare, mentre per gli usi irrigui utilizziamo acqua degli invasi che potrebbe essere destinata alle abitazioni. Qui c’è un altro impegno che la politica dovrebbe prendersi, perché la nostra agricoltura va avanti per il 90% con l’acqua dei pozzi. Da un momento all’altro le falde potrebbero salinizzarsi e sarebbe un disastro. Ecco perché la Regione dovrebbe stabilire che da qui a 4-5 anni non si debba più attingere acqua dai pozzi».
E i fanghi di depurazione?
«Devono diventare una risorsa, per trarne energia, così come avverrà quando riusciremo a fare la società dei rifiuti con l’Ager così come progettato dalla Regione. Abbiamo sperimentazioni in corso per trasformare i fanghi in biosolfato o per produrre biogas. Si prevedeva che nel 2020 si dovessero produrre circa 300.000 tonnellate di fango, ma nel 2019 con i depuratori portati a regime siamo scesi a 211mila».
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