Entro il 2025 è previsto il pensionamento di metà degli attuali 3mila medici di famiglia oggi in servizio in Puglia, che saranno rimpiazzati da non pi
Entro il 2025 è previsto il pensionamento di metà degli attuali 3mila medici di famiglia oggi in servizio in Puglia, che saranno rimpiazzati da non più di 1.500 nuovi professionisti. Una vera e propria emergenza che esiste a livello nazionale: in attesa dell’incremento del numero delle specializzazioni bisogna intervenire con soluzioni tampone. E la Regione lo ha fatto, aumentando il rapporto ottimale di assistenza primaria. Da oggi, in Puglia, ci sarà un medico di famiglia ogni 1.300 abitanti, contro i 1.000 attuali.
È una decisione che potrebbe avere effetti soprattutto negli agglomerati urbani più piccoli, perché nelle città i medici di famiglia sono quasi sempre massimalisti (cioè hanno raggiunto il tetto dei 1.500 assistiti): il meccanismo prevede infatti una forbice in cui 1.000 è il punto medio, e si può andare da un minimo di 500 a un massimo di 1.500 assistiti. Ma oggi a fronte di 3.300 medici di medicina generale previsti in pianta organica (dal calcolo del quorum 1.000 abitanti vengono esclusi i ragazzi fino a 14 anni) ci sono circa 300 zone carenti, cioè non assegnate, e i bandi delle Asl ogni anno riescono a coprire solo circa il 30% delle sedi vacanti. E questo avviene perché non ci sono medici disponibili, in quanto le zone carenti sono spesso poco appetibili dal punto di vista economico: ci sono sedi (anche nel Barese, vedi ad esempio Cassano e Bitetto) che sono scoperte da 5-6 anni perché ai pochi medici disponibili conviene puntare su zone in cui possono avere un maggior numero di assistiti e meno problemi logistici. In alcune aree del Gargano, ad esempio, ci sono medici di famiglia che dovrebbero avere competenza anche su 3-4 paesi, con le intuibili difficoltà.
«Con l’aumento del rapporto ottimale di assistenza – spiega Nicola Calabrese, vice-segretario nazionale della Fimmg (il sindacato dei medici di base) – abbiamo spostato in avanti, in termini almeno teorici, il deficit di risorse umane. Questo ci permette di fare un ragionamento più ampio: solo l’aumento delle borse per la specializzazione permetterà di avere una soluzione definitiva». E dunque, aumentando il numero di assistiti, «riusciamo a sostenere il default, non avremo carenze in termini di assistenza e potremo ragionare su modelli di organizzazione avanzati. Ci saranno disagi per i cittadini? No, e comunque l’alternativa è non dargli proprio il medico, perché non ce ne sono più». Nel 2025 – in base a uno studio delle organizzazioni di settore – è infatti previsto il picco della «gobba» dei pensionamenti, figlia dell’effetto «pletora» degli anni ‘80 quando fu anche sancita l’incompatibilità tra medico dipendente e medico convenzionato. Ci sarà, insomma, un vero e proprio ricambio generazionale. In Puglia dal 2014 al 2023 si stima il pensionamento di 2.200 medici (a prescindere dal ruolo), a fronte di 1.200 nuovi ingressi nella professione. Oggi la maggior parte dei medici in servizio è nata tra il 1958 e il 1961, dunque andrà in pensione al massimo tra il 2026 e il 2029.
Anche la Regione ritiene che l’ampliamento del rapporto ottimale fosse l’unica soluzione possibile, e che non ci saranno conseguenze sull’assistenza. Il numero di pazienti in carico oggi ai medici di base – spiegano dall’assessorato alla Salute – garantisce una ampia possibilità di scelta agli assistiti.
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