Ci sono i milioni della Ndrangheta in un albergo di San Giovanni Rotondo. Gli uomini dei Mancuso di Limbadi hanno fatto shopping per riciclare i soldi
Ci sono i milioni della Ndrangheta in un albergo di San Giovanni Rotondo. Gli uomini dei Mancuso di Limbadi hanno fatto shopping per riciclare i soldi della cosca calabrese nel turismo del Gargano. E hanno perseguitato per mesi uno stimato architetto, di cui la Procura di Catanzaro voleva l’arresto in carcere, cercando di riavere i 3,2 milioni che i mafiosi avevano prestato dieci anni prima allo zio per consentirgli di riprendersi «Villa Eden», un quattro stelle che sorge di fronte al santuario di San Pio, dalle ceneri di un fallimento.
Non è – questa – l’unica storia pugliese raccontata nelle oltre 13mila pagine dell’inchiesta con cui, a metà dicembre, il procuratore Nicola Gratteri ha ottenuto i 330 arresti dell’operazione «Rinascita Scott». I clan calabresi, secondo l’inchiesta del Ros dei Carabinieri, avrebbero infatti tentato l’assalto a numerose attività economiche non solo nel Foggiano, ma anche del Barese, attraverso facce apparentemente pulite e professionisti molto noti spesso all’oscuro di tutto.
San Giovanni Rotondo, dunque. Qui, nel 2004, una fiduciaria del Liechtenstein, la Ciskiel di Vaduz, ricompra dall’asta fallimentare l’hotel Villa Eden. Dietro la società c’è Ennio Alessio Mizzau, fratello di Paolo che con la moglie Rosa Carmen Montalto nel 2001 aveva aperto l’albergo a quattro stelle grazie a un finanziamento da 5 milioni di euro erogato da Banca Apulia e Banca Monte di Foggia. I soldi per l’operazione di riacquisto, 3 milioni e 200mila euro, secondo l’indagine erano stati versati in una banca svizzera da un imprenditore di Bergamo, Attilio Bianco, per conto di due pregiudicati, Salvatore Valenzise e Giovanni Vecchio, riconducibili ai Mancuso. Una scrittura privata autenticata da un notaio, chiusa in una cassetta di sicurezza della banca svizzera, sarebbe l’unica prova della transazione.
L’anziano Ennio Mizzau nel frattempo è deceduto. E oggi l’albergo, dopo una serie di passaggi societari, è tornato nelle mani della Montalto, dopo una breve parentesi nelle mani del figlio Pio Daniele, progettista tra l’altro dei nuovi ascensori del Vittoriano a Roma. E da lui la cosca voleva la restituzione dei soldi. Usando, peraltro, modi molto spicci.
La Procura di Catanzaro ipotizza per tutti l’accusa di associazione mafiosa e concorso in autoriciclaggio, e aveva chiesto – oltre che il sequestro dell’albergo – il carcere per l’architetto e la madre, e i domiciliari per il padre, oltre che per i tre uomini della cosca accusati pure di sequestro di persona a scopo di estorsione per le continue pressioni sull’uomo. Tuttavia il gip, Barbara Saccà, ha riconosciuto i gravi indizi di colpevolezza per il riciclaggio solo a carico di Bianco, Valenzise e Vecchio. A carico di Pio Mizzau mancherebbe invece la «consapevolezza» di aver riutilizzato denaro di mafia: «È più logicamente sostenibile – è scritto in ordinanza – che l’architetto Mizzau, nel momento in cui fu nominato amministratore unico delle società create per recuperare al patrimonio familiare l’albergo “Villa Eden”, si comportò da prestanome e non da reale dominus della situazione».
In quanto al sequestro di persona, il gip ha riqualificato l’accusa in minacce: «Oggi ti conviene andare a denunciarmi alla caserma dei carabinieri – diceva all’architetto uno degli emissari della cosca -, credimi o tu o chi per te (…). Se tu oggi non vieni qua da Dominici a portarmi i soldi che mi avete rubato (…) il Natale me lo faccio in via della Lungara», cioè a Regina Coeli.
L’architetto Mizzau è dunque, allo stato, vittima dei calabresi. Tuttavia metà di quei soldi arrivati su un conto svizzero nel 2003-2004, conferma il gip, provenivano effettivamente dalla cosca dei Mancuso. E per provare a recuperarli, Valenzise (parente dei mancuso) si era rivolto al boss Saverio Razionale, un sorvegliato speciale che da San Gregorio d’Ippona aveva portato a Roma gli interessi imprenditoriali della cosca: «Mi hanno raccontato – mette a verbale un pentito parlando di Razionale – che ha anche assegni in Vaticano, nel senso che ha un conto anche in banche del Vaticano. E a Roma ha pure un’impresa edile».
Oltre che amici più o meno insospettabili come un consulente dei Parioli che si presta a fare da tramite nel recupero. «La gente più importante della Calabria, la gente importante – dice Razionale spiegando chi sono Valenzise e soci – che Milano è sua, a Roma di meno, proprio i padroni di Milano sono. Vengono un giorno qua e mi portano queste carte… “Oh Saverio, vedi tu che c’è questa cosa… è da dieci anni… Se si può chiudere in qualche maniera, chiudila tu».
la gazzetta del mezzogiorno
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