CGIL:preoccupa il lavoro nero ma tante sono le aziende sane

«È una crisi che ancora morde soprattutto il nostro territorio, che ancora è pagata dai lavoratori soprattutto dei settori più deboli, che vede un imp

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«È una crisi che ancora morde soprattutto il nostro territorio, che ancora è pagata dai lavoratori soprattutto dei settori più deboli, che vede un impegno del sindacato dalle grandi alle piccole vertenze, l’Ilva, la Bosch, la Popolare di Bari, e potremmo annoverare tante altre vicende che siamo costretti a registrare in tutti i territori pugliesi e su cui siamo costretti a intervenire». Lo ha detto il segretario della Cgil Puglia, Pino Gesmundo, parlando con i giornalisti oggi a margine della conferenza stampa di fine anno del sindacato. A chi gli chiedeva di fare un bilancio dell’anno trascorso, Gesmundo ha detto che «per il mondo del lavoro è un bilancio che non ci soddisfa, che parla ancora di troppo lavoro nero».

«Oggi – ha aggiunto – i dati dell’Inps sono emblematici rispetto a quello che avviene nel nostro tessuto produttivo: caporalato non soltanto in agricoltura, certificato anche nel settore dell’edilizia e nel turismo. Sono dati che ovviamente allarmano il sindacato ma che dovrebbero allarmare le istituzioni, tutto il sistema del controllo che rimane in efficace rispetto ai numeri che l’Inps stesso oggi certifica».

Per il segretario della Cgil, «la vicenda Ilva è emblematica: c’è bisogno che tutti quanti comprendano che non riguarda soltanto Taranto, la Puglia e il Mezzogiorno, non è soltanto i punti di Pil che fa rispetto alla produzione dell’acciaio. Avere una produzione di acciaio fatta in casa e quindi in Italia consente a tutta una parte del settore industriale che utilizza l’acciaio di competere sul costo di quell’acciaio».

Gesmundo parla anche del «sistema bancario in crisi: non solo la Popolare – ha sottolineato – ma abbiamo registrato problemi anche rispetto a Unicredit. È il sistema del credito che è debole nel Mezzogiorno». «C’è un problema fondamentale e strutturale – ha concluso – la testa delle nostre banche, anche se insediate sul nostro territorio, non sta sul nostro territorio e questo è un problema per chi deve investire e per le relazioni industriali».

AREA METROPOLITANA – Nell’area metropolitana di Bari «ci sono imprese sane che hanno scelto di dedicare la propria esistenza, la propria strategia aziendale, innovando», ma «le scelte strategiche compiute dalle imprese in termini di innovazione registrano poca partecipazione da parte dei lavoratori e delle lavoratrici, i quali subiscono le scelte e le strategie aziendali». È l’esito della ricerca ‘Innovare insiemè, illustrato ai giornalisti dalla segretaria Cgil Bari, Gigia Bucci. Lo studio è del Comitato scientifico della Fondazione Maierotti, condotto insieme a rappresentanti del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari, dell’Associazione Italiana formatori-Puglia e dell’Associazione Italiana Direttori del Personale-Puglia.

La ricerca ha coinvolto nove imprese: quattro di media dimensione (tra i 50 e i 100 addetti, Edilportale, Pastificio Attilio Mastromauro, Icam, Rete Gas Bari) e cinque grandi imprese (con più di 250 addetti, Aqp, Masmec, Merck-Serono, Gruppo Mermec, Magna P.T.), nei settori della meccatronica, dell’automotive, della farmaceutica, dei servizi online, alimentare e delle grandi utilities, per complessive cinquemila unità lavorative.

È emerso che le imprese più innovative hanno molto a cuore la risorsa umana, investono molto sulle persone, sui giovani, sulla formazione e sul welfare aziendale. Ma «l’indagine – ha evidenziato Bucci – prova a capire anche quanto in termini di partecipazione le lavoratrici e i lavoratori siano coinvolti nel processo di innovazione». «L’esito della ricerca – ha concluso – non ci rassicura da questo punto di vista».

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