Quel giorno via Manfredi era affollata di fascisti che sfilavano sulla Piazza accanto al Castello. La gente era tutta in fila sui marciapiedi e ri
Quel giorno via Manfredi era affollata di fascisti che sfilavano sulla Piazza accanto al Castello. La gente era tutta in fila sui marciapiedi e rigava dritta. Il barbiere di fronte al Bar Stella lasciò un cliente con la mezza barba fatta e uscì per dare il saluto al capo fascista.
Andavano in giro con l’olio di ricino in lattina e manganelli in mano. Il loro motto era “anima nostra e del duce”. Scricchiolavano i loro stivali. Trepidanti.
Papà aveva sette anni. Da spettatore, inorridito li guardava. Accanto al lui nella folla un alto signore che sbuffava. Era un pescivendolo Repubblicano che non aveva paura. Intenzionato a girarsi al saluto fascista. Il capo, in camicia scura, incredulo si mise le mani in testa e gridando disse: ‘Spaccategli la faccia!‘.
All’istante lo presero per la giacca, lo buttarono per terra e lo riempirono di calci mentre la folla guardava terrorizzata senza dire nulla. Matteo il pescivendolo se la cavò con punti di sutura al capo e lividi sulla faccia! Ma la vera fortuna fu quella di non essere stato sbattuto nell’Isola di Tremiti a San Nicola. Carcere isolato dalla vita! Pensò Matteo: “Questi fascisti sputano la china”.
di Claudio Castriotta
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