La Direzione Investigativa Antimafia, nella relazione del secondo semestre del 2018, fotografa così l'area garganica, "connotata dalla prese
La Direzione Investigativa Antimafia, nella relazione del secondo semestre del 2018, fotografa così l’area garganica, “connotata dalla presenza di una pluralità di gruppi criminali con forte vocazione verticistica, basati essenzialmente su vincoli familiari, gerarchicamente non legati tra loro, ma influenzati, attraverso antitetiche alleanze, dalle diverse batterie della Società foggiana”.
Nella relazione si legge che “questi gruppi sono dediti prevalentemente al traffico di sostanze stupefacenti, alle estorsioni (anche attraverso l’imposizione di guardiania abusiva in strutture ricettive e cantieri), ai reati predatori (furti e rapine ai portavalori) ed al riciclaggio di denaro di provenienza illecita in attività commerciali”
Secondo la Direzione Investigativa Antimafia “i Li Bergolis, originari di Monte Sant’Angelo, operano in sinergia con altri sodalizi presenti nell’area del promontorio nonché con il clan foggiano Francavilla. Sono in conflitto con il clan Romito-Gentile di Manfredonia-Mattinata, che vanta, invece, rapporti con i clan Moretti e Trisciuoglio della Società foggiana, con la malavita di Cerignola e con gruppi del promontorio garganico, in particolare di Vieste e Monte Sant’Angelo.
E, si legge, “la contrapposizione tra i clan Li Bergolis e Romito si ripercuote anche nella faida di Vieste, essendo il primo schierato a favore del gruppo Iannoli-Perna, mentre il secondo risulta alleato dei Raduano e dei Ricucci (originari, questi ultimi, della frazione Macchia di Monte Sant’Angelo). L’incisivo intervento nell’area delle Forze di polizia è stato determinante nel bloccare la stagione di sangue che aveva caratterizzato il primo semestre del 2018 originata appunto dallo scontro tra le opposte fazioni dei clan Raduano e Iannoli-Perna”.
La relazione della DIA ricorda, le operazioni “Neve Fresca” ed “Agosto di Fuoco”, che, “oltre a conclamare l’esistenza di quest’ultimi “nuovi” clan quale risultato della sanguinosa scissione nell’ambito del clan Notarangelo, ne hanno descritto assetti, equilibri e sinergie”
Quindi, “hanno, altresì, evidenziato come l’oggetto della contesa tra i sodalizi fosse il controllo delle attività illecite nella città di Vieste, confermando l’importanza strategica della cittadina sia nel traffico degli stupefacenti, sia nelle attività di estorsione e riciclaggio. In particolare, in un contesto territoriale segnato da un forte dinamismo criminale, le più recenti acquisizioni investigative confermano la spiccata vocazione dei sodalizi dell’area al narcotraffico internazionale, realizzato attraverso proficue joint venture con criminali albanesi, ai quali viene garantito lo sbarco degli stupefacenti (soprattutto marijuana), in larga scala, sulla litoranea garganica, nonché la gestione, a livello locale, di una florida piazza di spaccio durante il periodo estivo”.
“Nel dettaglio – scrive la DIA – “la menzionata operazione “Neve Fresca” ha posto in evidenza la caratura criminale del capoclan dei Raduano, connotato da capacità di coordinare, comandare e finanziare le attività del clan di cui, in tempi brevi, è diventato elemento di vertice indiscusso, forte anche dell’appoggio dei Romito-Gentile, dei Ricucci di Monte Sant’Angelo e della malavita di Cerignola. L’indagine ha delineato, inoltre, le caratteristiche fondamentali dell’organizzazione, che presenta una struttura verticistica con ferree gerarchie, metodologia mafiosa, gestione di una cassa comune, disponibilità di risorse ed uomini, nonché di luoghi (masserie, terreni e casolari) dove tenere i summit e nascondere stupefacenti e armi. L’operazione “Agosto di Fuoco” (originata dalle indagini in ordine all’omicidio di un elemento apicale della famiglia Notarangelo) ha riguardato, invece, il gruppo Perna-Iannoli impegnato nel tentativo di colmare i vuoti creatisi nel rifornimento delle piazze di spaccio a seguito dagli arresti subiti dal gruppo Raduano”.
Per la Direzione Investigativa Antimafia, “federato al sodalizio Li Bergolis” sarebbe “anche il gruppo Martino che graviterebbe nel territorio di San Marco in Lamis e sarebbe collegato alla batteria mafiosa dei Moretti-Pellegrino di Foggia, nonché con la criminalità di San Severo”. Per la DIA ci sarebbe “una forte rivalità con il gruppo Di Claudio-Mancini stanziato a Rignano Garganico, paese al confine con il comune di San Marco in Lamis”
A San Nicandro Garganico “graviterebbero” invece “in contrasto tra loro” – sempre secondo la DIA – “il gruppo Ciavarrella-Giovanditto (di recente indebolito dall’arresto della gran parte dei sodali) ed il clan Tarantino, che sembrerebbe invece in fase di ripresa. Su Vieste opera anche il gruppo Frattaruolo (con propaggini su Manfredonia), mentre il clan Prencipe è originario di San Giovanni Rotondo”.
Si legge nella relazione che “tutti questi gruppi sono attivi nello spaccio di sostanze stupefacenti (anche con la gestione di piantagioni di cannabis) e nelle estorsioni in danno di imprenditori”
“A Manfredonia, come anticipato, il 16 ottobre 2018 i Carabinieri hanno tratto in arresto due appartenenti alla criminalità organizzata garganica ritenuti gli esecutori materiali della Strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017, nel corso della quale furono uccise quattro persone tra cui il boss del clan Romito. In particolare, ad uno dei due, pregiudicato manfredoniano legato al clan Li Bergolis, è stato contestato il quadruplice omicidio con l’aggravante del metodo mafioso, sia per la particolare efferatezza nelle modalità esecutive, sia per le finalità perseguite, connesse alla volontà della cosca di condizionare, attraverso l’eliminazione del boss, gli equilibri criminali dell’intera area garganica. L’inchiesta ha fatto luce, tra l’altro, sul coinvolgimento nel quadruplice omicidio di un altro pregiudicato appartenente alla mafia garganica, rimasto egli stesso ucciso ad Amsterdam, il successivo 12 ottobre 2017, in circostanze non chiare e per mano di un soggetto, reo confesso, il quale avrebbe appreso direttamente dalla propria vittima i dettagli sull’eliminazione del boss Romito.
Gli esiti dell’indagine, nel confermare quale reggente del clan il nipote del patriarca Li Bergolis (attesa la detenzione di altri elementi apicali) hanno, inoltre, ricostruito gli appoggi su cui il sodalizio può contare nell’intero promontorio, in particolare, da parte delle famiglie Tarantino di San Nicandro Garganico e Lombardi (detti i Lombardone) di Monte Sant’Angelo, nonché il rapporto sempre più organico tra il gruppo criminale Ricucci della frazione Macchia di Monte Sant’Angelo e quello dei Gentile-Romito”.
Fonte: Direzione Investigativa Antimafia
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