Foggia, minorenni segregate, picchiate e costrette a prostituirsi: 6 rom arrestati Vittima incinta, nascituro in vendita

Avrebbero fatto prostituire almeno tre ragazze di nazionalità romena di 16 e 17 anni, una delle quali incinta al settimo mese, i sei indagati dalla D

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Avrebbero fatto prostituire almeno tre ragazze di nazionalità romena di 16 e 17 anni, una delle quali incinta al settimo mese, i sei indagati dalla Dda di Bari e dalla Procura per i Minorenni, tutti romeni appartenenti allo stesso nucleo familiare, ora in carcere per i reati di riduzione in schiavitù, prostituzione minorile e sequestro di persona. I sei fermati – che vivono in un campo nomadi a Foggia – sono una coppia, i loro tre figli (due dei quali minorenni) e una 26enne compagna di uno dei ragazzi.

L’indagine nasce dalla fuga di una minorenne, avvenuta nella notte del 03.09.2018 dal campo rom di Via San Severo, la quale era riuscita a fuggire dopo essere stata selvaggiamente pestata con calci, pugni, schiaffi e cinghiate, sferrati in ogni parte del corpo, sulla faccia, sulla pancia e dietro la schiena, nonché trascinata per i capelli, facendola strisciare per terra, all’interno della baracca nella quale veniva segregata. A praticarle tale violenza sarebbe stato uno dei fermati, materialmente identificato proprio nel minore S.D.. La ragazza riusciva a chiedere aiuto ad alcune persone, di nazionalità italiana, che occupavano un vicino accampamento e che chiamavano la Polizia ed il 118.

Le indagini capillari svolte dalla Squadra Mobile di Foggia, sotto il diretto e continuo coordinamento della Procura di Bari, consentivano di accertare l’esistenza di uno schema messo a punto dagli arrestati secondo il quale le minori, tutte appartenenti a nuclei disagiati, una volta condotte nel campo con l’inganno e  l’impiego degli stratagemmi più vari, venivano di fatto segregate all’interno di alcune baracche lì presenti, chiuse dall’esterno con  una catena ed un lucchetto, picchiate continuativamente per più giorni per piegare le loro capacità di reazione e costrette a prostituirsi sotto il diretto controllo dei loro aguzzini.

In particolare, le indagini delegate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura alla Squadra Mobile di Foggia, Seconda Sezione, accertavano che le vittime venivano picchiate continuativamente, per più giorni, per piegare le loro capacità di reazione. Le indagini svolte dalla Squadra Mobile di Foggia hanno accertato, in particolare, «l’esistenza di uno schema messo a punto dagli arrestati secondo il quale le minorenni, tutte appartenenti a nuclei disagiati, una volta condotte nel campo con l’inganno e l’impiego degli stratagemmi più vari, – si legge in una nota della Procura di Bari – venivano di fatto segregate all’interno di alcune baracche lì presenti, chiuse dall’esterno con una catena ed un lucchetto, picchiate continuativamente per più giorni per piegare le loro capacità di reazione e costrette a prostituirsi sotto il diretto controllo dei loro aguzzini».

NASCITURO IN VENDITA – Volevano vendere per 28 mila euro il bambino che portava in grembo una delle minorenni romene  ridotte in schiavitù e costrette a prostituirsi a Foggia. Una delle persone finite oggi in carcere avrebbe proposto agli altri «la possibilità di vendere il nascituro ad un soggetto da lei conosciuto per la somma di 28mila euro».

Le indagini hanno consentito di accertare «come fosse prassi consolidata – spiegano gli inquirenti – quella di costringere le minori a prostituirsi anche durante la gravidanza e, davanti al rifiuto opposto dalle vittime, le stesse venivano percosse senza pietà dai rispettivi fermati preposti al loro controllo».
In una nota della Procura di Bari si parla di «una delle nuove forme di ‘schiavitù modernà, costituita dalla riduzione e dal mantenimento in stato di schiavitù di giovani straniere, per lo più sole e non in contatto con la famiglia, tutte minorenni da adibire al mercato della prostituzione, direttamente controllato dagli stessi fermati». In due mesi di indagini sono state raccolti i racconti delle vittime, fatti riconoscimenti fotografici, sopralluoghi, accertamenti tecnici su telefoni e social network, scoprendo «uno spaccato di cui si ignorava l’esistenza nel nostro territorio».
«Le condotte dei fermati – dicono gli inquirenti – sono connotate da allarmante gravità, attesa la loro efferatezza e il disprezzo per la vita umana dimostrati dagli indagati, soprattutto in danno di giovani vittime minorenni e dei nascituri che portavano in grembo; gli stessi hanno, pertanto, dimostrato una totale indifferenza per le condizioni di particolare fragilità delle vittime e di non possedere il benché minimo sentimento di pietà verso le stesse».

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