Si ferma la battaglia della Puglia per arignare l’invasione di cinghiali nelle campagne. La legge n. 28 del 29 giugno scorso, infatti, è stata impugna
Si ferma la battaglia della Puglia per arignare l’invasione di cinghiali nelle campagne. La legge n. 28 del 29 giugno scorso, infatti, è stata impugnata dal Consiglio dei ministri perché le misure previste, secondo il Governo, invadono il campo delle norme statali di riferimento. Le «Norme in materia di prevenzione, contenimento ed indennizzo dei danni da fauna selvatica. Disposizioni in materia di smaltimento degli animali da allevamento oggetto di predazione e di tutela dell’incolumità pubblica», dunque, avrebbero sconfinato in materia di controllo della fauna selvatica e in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di competenza esclusiva statale, violando così l’articolo 117 della Costituzione.
La legge pugliese, dice il deputato M5S Gianpaolo Cassese, è «palesemente in contrasto con le normative nazionali ed europee in materia. Il Governo, in sintonia con il mondo dell’associazionismo impegnato in questo campo, ha compiuto un importante passo nella giusta direzione per la tutela ambientale, dell’ecosistema e dei cittadini. L’approccio della Regione Puglia espresso in questa legge, che pretende di assumere funzioni di esclusiva competenza statale, non è corretto in quanto non garantisce tutte le cautele previste dal legislatore a livello nazionale, sia riguardo le attività di controllo, sia sui metodi ecologici rispetto agli abbattimenti della fauna selvatica mettendo a rischio le specie protette. La decisione del Governo va inoltre nella direzione di tutelare i cittadini dal rischio di dover pagare in termini economici le conseguenze di una eventuale procedura di infrazione che venisse aperta in sede europea».
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