Turismo, ecco perché è fallito il modello Gallipoli. E l’Italia si fa superare da Spagna, Grecia e Croazia

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La chiamano crisi di crescita. Nell’analisi dei problemi, politici e imprenditori turistici utilizzano spesso questa definizione. Forse perché pur ammettendo l’evidente criticità, contiene comunque un’accezione positiva. Tutto e il suo contrario. È accaduto anche a Gallipoli, dove è bastato constatare che il re è nudo per dare il via a una serie di considerazioni che, forse, andavano fatte prima. Il re nudo è la insostenibilità di un turismo improvvisato, quello in cui l’unico obiettivo è il tutto e subito.

L’esempio di Gallipoli è oggi il più evidente, quello di un centro turistico fino all’anno scorso considerato il paradiso dei giovani e l’Ibiza d’Italia e oggi alle prese con un mese di luglio da dimenticare, con un calo di presenze che va dal -20 al -60%, a seconda che si sia più o meno pessimista. Ma il tutto e subito può essere esteso all’intera Puglia turistica e all’Italia, che sempre più spesso si trova a soccombere nel confronto con le mete turistiche delle vicine Grecia, Croazia e Spagna. Cosa è, se non improvvisazione, aver fondato il paradiso dei giovani, come è stato fatto a Gallipoli, su una struttura abusiva, condonata nel 2008 ma solo per ospitare un bar e poi magicamente trasformata in una discoteca? E cosa è, se non bramosia di ottenere tutto e subito, mettere in piedi un parco di 30 mila metri quadri dedicati all’intrattenimento, commettendo abusi edilizi che, non sanati, hanno poi portato al sequestro?

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