Mappa della mafia foggiana

Relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia. Il periodo analizzato riguarda la seconda metà del 2017. Dunque mesi caldissimi per la

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Relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia. Il periodo analizzato riguarda la seconda metà del 2017. Dunque mesi caldissimi per la provincia di Foggia, segnata soprattutto dalla strage di San Marco in Lamis del 9 agosto scorso quando morirono il boss, Mario Luciano Romito, il suo autista e due contadini innocenti. Stando alla relazione, “il quadro criminale in Capitanata, da sempre frastagliato in diverse forme di criminalità (capoluogo di provincia, Gargano, Alto e Basso Tavoliere), oggi si presenta più complesso ed instabile. Infatti, pur di consolidare la propria autonoma operatività nei territori di riferimento e raggiungere una gestione monopolistica di alcune attività illecite, i clan risultano sempre più proiettati verso convergenze ed alleanze con gruppi di diversa provenienza, rendendo lo scenario altamente fluido. Tale aspetto, conseguenza sia di fisiologici processi interni sia dei ciclici interventi repressivi delle Istituzioni, ha attribuito, nel tempo, a quelle sinergie una valenza strutturale, tale da influenzare gli assetti criminali dell’intera provincia”.

Secondo i relatori, “il forte radicamento delle consorterie sul territorio favorisce un contesto ambientale omertoso e violento (in primo luogo determinato dalla matrice di familiarità che contraddistingue gran parte dei clan, in particolar modo dell’area garganica), che si manifesta con danneggiamenti e atti intimidatori ai danni di operatori del commercio, dell’edilizia, del turismo e dell’agricoltura, settori trainanti dell’economia del territorio.

Con specifico riguardo all’agricoltura, nel Foggiano resta alta l’attenzione verso la gestione della manodopera extracomunitaria, non potendosi escludere interessi della criminalità della Capitanata rispetto al fenomeno del “caporalato” ed, in generale, verso l’indotto economico generato dalla consistente presenza di cittadini stranieri richiedenti asilo, presso il C.A.R.A. di Borgo Mezzanone, nell’immediata periferia del capoluogo.

Gli altri punti di forza per i sodalizi si rinvengono nel cospicuo numero di giovani leve, nella crescente commistione tra criminalità comune e organizzata e, non ultima, nella elevata disponibilità di armi. È in questo quadro complesso che va ricercata la chiave di lettura di molti degli episodi di sangue che, nel periodo in esame, hanno vessato la provincia di Foggia, creando uno stato di emergenza riconosciuto come una “priorità nazionale” in sede di Comitato Nazionale per l’Ordine e Sicurezza Pubblica. L’alto consesso si è riunito presso la Prefettura di Foggia, una prima volta il 10 agosto 2017, all’indomani della strage di San Marco in Lamis, e poi il 9 ottobre 2017. Il 15 settembre 2017 è stata la volta di una delegazione della VI Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura che, recatasi presso il Tribunale di Foggia, ha condiviso lo sforzo posto in essere dalle Istituzioni giudiziarie al fine di contrastare il grave fenomeno mafioso definito da più parti “Quarta Mafia”.

La città di Foggia

“Il capoluogo – si legge nella relazione semestrale della DIA – resta segnato dalla contrapposizione tra i Sinesi-Francavilla ed i Moretti-Pellegrino-Lanza, gruppi che, ciclicamente, danno luogo a cruente conflittualità – senza risparmiare elementi apicali e storici della Società foggiana, in ultimo nel periodo 2015-2016 – con ripercussioni anche sulla provincia, dove gli stessi da tempo contano su appoggi e sinergie con altri clan locali. Tuttavia, il semestre in esame è stato caratterizzato da un momento di stallo, dovuto soprattutto agli efficaci interventi investigativi e giudiziari che hanno privato i sodalizi dei propri vertici.

Per quanto attiene alle dinamiche interne ai clan, il gruppo Sinesi-Francavilla si troverebbe in un momento di estrema difficoltà: fortemente indebolito e sostanzialmente impossibilitato ad agire per la detenzione dei suoi vertici (su tutti il boss Roberto Sinesi detto “lo zio”), sembra risentire anche della progressiva mancanza di appoggio da parte dei sodalizi alleati. Anche per tali ragioni, gli equilibri interni al predetto clan sono esposti a riassetti radicali, segnati da scissioni e addirittura da possibili cambi di posizione, che non si limiterebbero ai semplici fiancheggiatori.

Gli esiti investigativi e giudiziari del periodo in esame hanno fornito importanti elementi conoscitivi in ordine ad alcuni aspetti delle cruenti fibrillazioni. In particolare, l’operazione eseguita nel mese di luglio, congiuntamente da Polizia di Stato e Arma dei carabinieri, ha portato all’arresto di quattro appartenenti al gruppo Sinesi-Francavilla, tra cui il capoclan, ritenuti responsabili dell’agguato in cui, il 29 ottobre 2016, sono rimasti coinvolti due soggetti dell’opposto clan Moretti-Pellegrino-Lanzauno ucciso (Roberto Tizzano) e l’altro ferito (Roberto Bruno). Altrettanto significativi sono gli esiti processuali dell’operazione “Rodolfo” e dell’operazione “Saturno”, che hanno inflitto rilevanti condanne ai vertici del sodalizio.

Il clan Moretti-Pellegrino-Lanza pur colpito, nel semestre, dagli esiti processuali dell’operazione “Ripristino” – avrebbe invece assunto un ruolo potenzialmente dominante, dimostrandosi non solo dinamico nell’assecondare le mire espansionistiche del suo vertice, ma anche capace di interagire con i gruppi criminali più forti di San Severo, del Gargano, campani e calabresi. In città, il sodalizio in parola si avvale anche del sostegno della terza consorteria foggiana, quella dei Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese,guidata da un altro ele- mento storico della Società.

Concorrono alle dinamiche criminali di tale composito contesto alcuni episodi di sangue consumati in città nel periodo in esame, in quanto potenzialmente ascrivibili a logiche di criminalità organizzata, con ulteriori riverberi che potrebbero derivare dalla recente scarcerazione di alcuni elementi di primo piano.

A completamento del quadro criminale, si aggiunga come la criminalità foggiana, oltre a prediligere il racket delle estorsioni – con particolare riguardo, come sopra evidenziato, ai settori del commercio, dell’edilizia, del turismo e dell’agricoltura – continua ad essere attiva nelle rapine e ad investire importanti capitali negli stupefacenti, contesto in cui interagisce – concludono i relatori – anche con altre realtà criminali della provincia (sanseverese, garganica e cerignolana)”.
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