Dalla mozzarella al pomodoro, è sempre duello Puglia-Campania. Non si sono ancora sopite le polemiche per il marchio Dop riconosciuto dal ministero al
Dalla mozzarella al pomodoro, è sempre duello Puglia-Campania. Non si sono ancora sopite le polemiche per il marchio Dop riconosciuto dal ministero alla mozzarella di Gioia del Colle(vista in contrapposizione con la bufala campana) che si apre adesso un altro fronte. L’industria del pomodoro vuole il marchio Igp (identificazione geografica protetta) per il pelato, circa 7 milioni di quintali prodotti al Sud e per il 95% in provincia di Foggia. Fin qui nulla di strano, anzi sarebbe un valore aggiunto in termini di valorizzazione di mercato. Solo che la domanda di registrazione del «Pomodoro Pelato Napoli Igp», presentata a luglio dal comitato promotore reca, appunto, un’identificazione geografica che ai produttori foggiani non sta affatto bene. Già la scorsa estate si sollevò un polverone per questa storia: Napoli sarà pure il luogo idealizzato della «pummarola», ma ormai chi la coltiva da quarant’anni e in parte adesso la trasforma pure è la dirimpettaia Capitanata.
Ovviamente la scelta del comitato promotore è dettata da ragioni di marketing, peraltro il consumo del pelato in Italia è in calo (non all’estero) e i promotori di questa campagna avranno pensato che una bella rinfrescata d’immagine, con le sommità del Vesuvio sullo sfondo, non potrebbe che giovare all’italica passione per il sugo e la pastasciutta. Tutto però sembrava finito sotto silenzio. Fino a quando non è arrivato qualche giorno fa l’invito del ministero dell’Agricoltura alla Regione Puglia a esprimersi sul riconoscimento dell’Igp Pelato «Napoli».
L’assessore Di Gioia ha pertanto convocato un vertice lunedì 15 con i produttori delle «Op» foggiane. Che si sono riunite a Foggia per definire una strategia. La risposta venuta fuori dal tavolo è inequivocabile: «La Puglia dovrà opporsi alla Igp del Pelato Napoli». «L’Anicav e gli industriali campani non possono prenderci in giro – i commenti a margine della riunione – in Campania c’è poco o nulla di pomodoro coltivato e anche sulla trasformazione ormai le industrie campane stanno perdendo quote di mercato. Molte Op del Salernitano, del Casertano hanno la sede legale in Campania, ma i soci sono tutti in Capitanata perchè il prodotto è qui».
Una posizione ferma che tiene conto anche dei numeri: in Capitanata si producono circa 20 milioni di quintali l’anno di pomodoro, ovvero la quasi totalità della produzione meridionale, dei quali circa 6-7 milioni di pomodoro lungo. E’ questo il prodotto più prelibato e anche remunerativamente meglio pagato dal mercato, un’esclusiva della provincia di Foggia da cui le industrie di trasformazione ricavano appunto il pelato. L’Igp sarebbe dunque un grande riconoscimento per la Capitanata agricola se non si configurasse in questa storia uno scippo. «Identificare una ricchezza del territorio foggiano con Napoli sarebbe una presa in giro – dicono i produttori foggiani – un’ingannevole informazione per i consumatori». L’Anicav, l’associazione delle industrie del pomodoro (con sede a Napoli), sostiene che non conta solo il luogo di coltivazione e che semmai il pomodoro lungo diventa pelato grazie proprio al processo di trasformazione.
«Anche questa è una realtà in profondo mutamento – rispondono i produttori foggiani – un quarto del pelato “foggiano” viene oggi trasformato nelle industrie pugliesi: Princes e Rosso Gargano a Foggia, Conserve Italia a Mesagne, a breve anche Castellana Cerignola. Non avranno mai il nostro assenso».
fonte Gazzetta del mezzogiorno
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