Lo spiraglio apertosi in extremis sulla vertenza dello stabilimento Sangalli-Manfredonia vetro, ha rischiarato sia pure da una tenue luce, questo torm
Lo spiraglio apertosi in extremis sulla vertenza dello stabilimento Sangalli-Manfredonia vetro, ha rischiarato sia pure da una tenue luce, questo tormentato 2017 manfredoniano. Il tunnel di oltre tre anni di buio nel quale è finito quella fabbrica del vetro, pare si stia esaurendo. Tre durissimi anni durante i quali la fiaccola della speranza si è accesa e spenta ripetutamente. A ravvivarla tenacemente, caparbiamente quella schiera di maestranze, uomini e donne, che contro ogni avversità fisica, morale, politica, è rimasta abbarbicata a quella realtà industriale che per circa un ventennio ha assicurato lavoro e benessere e dunque la polizza per il futuro della famiglia. Sono stati loro, va riconosciuto incondizionatamente, il faro di riferimento di una navigazione perigliosa che deve ancora percorrere il tratto più delicato e determinante, per raggiungere il porto d’arrivo.
Del tutto prematuro pertanto attribuire medaglie e se mai ce ne saranno, vanno esclusivamente a quegli uomini e quelle donne che per tre anni hanno patito a viso aperto le pene dell’inferno. Sono loro il simbolo positivo di questo 2017.
Così non è stato per le altre, tante altre attività produttive che pure si erano localizzate nelle due aree industriali del territorio che fanno capo a Manfredonia. Per esse nessun personaggio, politico e non, si è speso per fermare l’esodo di quelle imprese che ha prodotto la perdita di diverse migliaia di posti di lavoro diretti e indiretti. Una emorragia che poteva essere quanto meno tamponata. C’è stato invece, come denunciò pubblicamente Romano Prodi, un disinteresse in loco; misto, è stato aggiunto, ad incapacità gestionali. Amministratori sagaci o manager oculati non si inventano. Il grande assente nella realtà manfredoniana è il lavoro, il fondamento di ogni tipo di sviluppo.
Di quella ondata di attività produttive che preconizzavano grandi orizzonti di sviluppo, è rimasta la vetreria di Macchia che ora si cerca di tenerla in vita. Ma non basta rimettere in piedi la produzione e occupare i lavoratori: ancor più di prima rimarrebbe una bella cattedrale in un deserto. Occorre, come fanno presente gli esperti, che intorno ci siano servizi e strutture logistiche indispensabili a sostenere le varie fasi dell’attività che non si esaurisce alla sola e semplice produzione del vetro. Sono notazioni evidenziate al tempo dell’impianto del contratto d’area, per intenderci, ma che sono rimaste lettera morta. I personaggi che oggi si gonfiano il petto, si sono ben guardati da condurre analisi e agire di conseguenza.
E’ fin troppo risaputo che tra i vulnus che hanno impedito lo sviluppo del territorio e che hanno sostenuto le lamentele degli imprenditori inducendoli a lasciare, c’è il mancato adeguamento del porto, l’impraticabilità del ramo di ferrovia che da Macchia porta alla stazione di Frattarolo, e tutta una serie di inghippi burocratici. Situazioni che invece di migliorare, sono peggiorate. In tutti questi anni non si è mosso un dito. E’ in questo contesto che la Sangalli-Manfredonia vetro si ritroverà e col quale dovrà fare i conti. E’ questa realtà che quanti oggi si pongono in prima fila a ostentare presenze miracolose, debbono affrontare e risolvere. Altrimenti è troppo scoperto il gioco elettorale.
Michele Apollonio
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