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In linea con il piano e le intenzioni del Viminale di assegnare le case sequestrate alle mafie come soluzione abitativa a beneficio dei senzacasa in caso di occupazione abusiva, i terreni agricoli sequestrati alla criminalità organizzata dovrebbero essere assegnati ai giovani e alle cooperative, secondo Coldiretti Puglia, che si occupano attivamente di agricoltura sociale, quali volano di sviluppo economico e integrazione sociale.
“In Puglia sono 6.057 i terreni sequestrati alle mafie – dice il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele – il 20,4% dei 29.689 sparsi in tutta Italia, anche perché il processo di sequestro, confisca e destinazione dei beni di provenienza mafiosa si presenta lungo e confuso, spesso non efficace e sono numerosi i casi in cui i controlli hanno rilevato che alcuni beni, anche confiscati definitivamente, sono di fatto ancora nella disponibilità dei soggetti mafiosi. Così vengono sprecati tra i 20 ed i 25 miliardi di euro per il mancato utilizzo dei beni confiscati sulla base delle stime dall’Istituto nazionale degli amministratori giudiziari (Inag). In Puglia, dunque, vanno inutilmente in fumo tra l’1,9 e i 2,37 miliardi di euro a causa di inadempienze, procedure farraginose, lungaggini burocratiche. I criminali che non vengono sgomberati dagli immobili godono persino del vantaggio di non dover pagare le tasse sul bene, poiché sequestrato. Senza dimenticare che i beni di fatto non riutilizzati, anche quando non sono più direttamente a disposizione dei soggetti mafiosi, comunicano all’esterno il permanere del loro controllo sul territorio. Sarebbero, invece, strumenti di avvio e consolidamento delle attività agricole, gestite da giovani agricoltori e dalle cooperative che si occupano attivamente di agricoltura sociale”.
Nei primi 6 mesi del 2016 il Consiglio Direttivo dell’ANBSC (Associazione Nazionale per l’Amministrazione la Destinazione dei Beni sequestrati e Confiscati alla criminalità) ha deliberato la destinazione di 140 terreni, di cui ben il 48% ubicato in Puglia, secondo quanto riportato dal 5° rapporto ‘Agromafie’ di Coldiretti, Osservatorio sulla Criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare ed Eurispes.
“La Puglia è una regione a forte rischio – continua il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti – ed è al terzo posto della classifica nazionale, con un livello di infiltrazione criminale pari all’1,31%, preceduta solo da Calabria (2,55%) e Sicilia (2,08%). Il settore agroalimentare, che ha dimostrato in questi anni non solo di poter resistere alla crisi, ma di poter crescere e rafforzarsi anche in un quadro congiunturale complessivamente difficile, è diventato di conseguenza ancor più appetibile sul piano dell’investimento. La capacità di attrazione dei capitali legali da parte della malavita è ben evidenziata dall’attività della Guardia di Finanza che fa notare come le mafie non limitano la loro attività solo all’accaparramento dei terreni agricoli, ma spaziano in tutto l’indotto, arrivando a operare direttamente nelle attività di trasporto e di stoccaggio della merce, nell’intermediazione commerciale e nella determinazione dei prezzi”.
Il fronte dell’illegalità è sempre più ampio in Puglia e riguarda la proprietà fondiaria, le infrastrutture di servizio all’attività agricola e, non da ultime, le produzioni agricole ed agroalimentari. I reati contro il patrimonio (furto, abigeato, usura, danneggiamento, pascolo abusivo, estorsione, ecc) rappresentano – denuncia Coldiretti Puglia – la “porta di ingresso principale” della malavita organizzata e spicciola nella vita dell’imprenditore e nella regolare conduzione aziendale. Al vertice della piramide criminale si colloca, e non potrebbe essere diversamente, il mix di reati e di situazioni di illegalità strisciante che maggiormente devastano e destabilizzano la sana imprenditoria agricola ed agroalimentare della Puglia. Masserie, pozzi e strutture letteralmente depredate, chilometri e chilometri di fili di rame, letteralmente volatilizzati lasciando le imprese senza energia elettrica e possibilità di proseguire nelle quotidiane attività imprenditoriali. Capitolo a parte merita – conclude Coldiretti Puglia – il mercato parallelo di prodotti agricoli provenienti da migliaia di chilometri di distanza, spesso sofisticati, spacciati per prodotti di qualità, quando di qualità non sono, per cui viene illegalmente utilizzato il marchio ‘made in Puglia’, a danno dell’imprenditoria agricola pugliesi e dei consumatori.
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