L’inizio dei lavori portano la data del 7 febbraio 2014 e naturalmente vennero accompagnati da grande enfasi trattandosi di interventi di ristruttura
L’inizio dei lavori portano la data del 7 febbraio 2014 e naturalmente vennero accompagnati da grande enfasi trattandosi di interventi di ristrutturazione dei moli del porto storico o commerciale di Manfredonia. La fine era stata prevista per il 31 luglio 2015. Siamo a maggio 2016 e quel termine è stato ampiamente superato senza che le opere progettate siano state ultimate: la loro conclusione rinviata ripetutamente. L’ultima proroga è di qualche giorno fa e rimanda il termine per l’ultimazione dei lavori al 14 ottobre 2016. Con tutti gli scongiuri del caso, è lecito avanzare qualche dubbio.
La cosa non preoccupa, ma è una magra e sconsolata considerazione degli operatori, più di tanto dal momento che, come noto, il porto ha pressoché completamente abbandonato la sua funzione commerciale per mancanza di traffici marittimi, per assumere quella di peschereccio-nautico: i suoi moli sono orami riservati esclusivamente ai pescherecci anch’essi in diminuzione, e in qualche misura da alcuni approdi nautici anche questi in fibrillazione. Del porto “industriale” neanche a parlarne.
Le opere oggetto dell’intervento da parte dall’Autorità portuale, consistono nella manutenzione straordinaria della pavimentazione delle banchine, della rete di smaltimento delle acque meteoriche e nere e riordino dei sottoservizi nel porto commerciale, per un importo di undici milioni e 400mila euro assegnati dal Ministero delle infrastrutture e trasporto di concerto col ministero dell’economia e delle finanze. Una trance peraltro del contributo inizialmente concesso di trenta milioni di euro poi ridottosi a venti. La differenza, secondo i piani triennali dell’Autority, è destinata al dragaggio del bacino portuale e a qualche altro intervento dei quali però non si ha notizia operativa.
Una progettazione alquanto discussa che consegnerà una struttura che più che portuale sarà un’area di ricreazione: tra l’altro sono stati eliminarti i binari ferroviari compromettendo quella intermodalità nave-ferrovia su cui punta la riforma Delrio.
Per l’esecuzione delle opere si costituì l’ATI composta dal “Consorzio cooperativo costruzioni CCC” e da “Gianni Rotice Srl a socio unico”: il contratto d’appalto stipulato e registrato nel maggio 2013. Nel febbraio 2014 si procede ala consegna dei lavori. Cinque mesi dopo, colpo di scena: il Consorzio cooperativo costruzioni CCC “esprime al volontà di recedere dal contratto”. L’impresa Rotice accetta di proseguire e completare i lavori e si procede pertanto alla stipula di un nuovo contrato d’appalto contenente le varie modifiche avvenute. Il che ha fatto slittare il termine dei lavori al 30 novembre 2015.
Ma le difficoltà non sono finite. A quelle di carattere amministrativo se ne sono aggiunte altre di natura tecnica. Nel corso della esecuzione dei lavori si sono accorti che sul molo di levante, dalla metà alla testata, “è emersa una lesione longitudinalmente significativa” per cui è stata necessaria una “nuova perizia tecnica finalizzata al consolidamento del molo per garantire la sicurezza della diga foranea”. Il nuovo “imprevisto” (una lesione di quella entità non nasce dall’oggi al domani e che pertanto poteva essere considerata in fase di perizia tecnica iniziale) ha messo in moto tutta una serie di procedure con revisione dei prezzi, stipula di nuovi contratti, esecuzione di lavori complementari e via discorrendo che hanno fatto slittare di proroga in proroga il termine dei lavori ma che essenzialmente mettono in chiara evidenza i modi alquanto arruffati di procedere nella esecuzione di opere pubbliche.
Michele Apollonio
false
COMMENTI