Consorzi di bonifica, stipendi da 4500 euro mensili

Quando sono saltate fuori le tabelle, qualcuno ha (giustamente) strabuzzato gli occhi. Perché nonostante il buco nero, cioè i 210 milioni di debiti c

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Quando sono saltate fuori le tabelle, qualcuno ha (giustamente) strabuzzato gli occhi. Perché nonostante il buco nero, cioè i 210 milioni di debiti che finiranno per pesare sui bilanci della Regione, i Consorzi di bonifica continuano ad erogare stipendi da sogno: impiegati da 4.200 euro netti al mese, segretarie da 2.500 euro. Cifre che in alcuni casi superano la retribuzione dei dirigenti.
Ieri il Consiglio regionale ha insediato la commissione di inchiesta che, sotto la guida di Gianni Stea (Ncd) nei prossimi due mesi dovrà fare luce sulle cause del dissesto. E il consigliere Fabiano Amati (Pd) è partito proprio dal cuore del problema, chiedendo al commissario straordinario Gabriele Papa Pagliardini i bilanci degli ultimi 5 anni e il quadro di introiti e debiti, oltre che gli stipendi a partire dal 2004. Richiesta, quest’ultima, avanzata anche da Marco Galante (M5S).
E a proposito di stipendi i numeri sono sorprendenti, anche perché non sembra esserci una omogeneità sul territorio. Il consorzio Terre d’Apulia di Bari, il più grande con i suoi 82 dipendenti, ha due impiegati direttivi che nel 2015 hanno portato a casa rispettivamente 102mila e 93mila euro lordi: sono, appunto, i 4.200 euro di cui sopra. Sono numerosi i quadri che percepiscono stipendi tra gli 85 e i 90mila euro lordi: siamo a 3.700 euro al mese. La situazione è molto simile negli altri consorzi. A Ugento il direttore del consorzio percepisce 103mila euro l’anno, ma ha alle sue dipendenze ben 13 impiegati direttivi (il massimo parametro del contratto nazionale) su 30 dipendenti totali. Al consorzio Stornara e Tara il direttore è a quota 124mila euro lordi (quasi 5mila euro netti al mese), ma gli impiegati direttivi arrivano a 74mila euro e un uscere a 1.750 euro netti al mese. Il record è però al consorzio dell’Arneo, dove il direttore generale ha uno stipendio da 137mila euro lordi (quasi 6mila euro al mese netti): su 46 dipendenti, 8 hanno il parametro massimo, 5 quello immediatamente inferiore, ed arrivano a portare a casa 97mila euro lordi al mese. Ma c’è un acquaiolo da 43mila euro lordi l’anno, un guardiano idraulico che ne percepisce 48mila, una segretaria da 53mila (1.900 euro al mese netti).
È vero che – in generale – si tratta di personale di età media alta, dunque con anzianità molto elevata. Ma – questo dicono le tabelle – nelle retribuzioni ci sono voci variabili che rendono gli stipendi davvero molto pesanti, anche nel confronto con quelli della Regione: un funzionario regionale con trent’anni di anzianità i 4mila euro al mese può soltanto sognarseli. Stesso discorso per gli stipendi di livello più basso: non ci sono paragoni con quello che accade nel resto del sistema degli enti pubblici, perché un custode da 1.700 euro al mese è un’anomalia.
Ecco dunque che l’inchiesta dovrà necessariamente occuparsi di questi aspetti. Anche perché, finora, i consorzi di bonifica sono costati al bilancio regionale 13 milioni di euro l’anno senza fornire i servizi per i quali sono stati istituiti, ovvero la manutenzione del territorio irriguo. Nell’ultima manovra il Consiglio regionale ha appostato 8,5, che verranno però erogati solo all’indomani della legge di riforma: una cifra che, però, rischia di non bastare.
Oltre a rimettere i consorzi nelle condizioni di incassare i contributi, la riforma dovrà dunque abbattere i costi i maniera sensibile. «La mia idea – dice Amati, che dell’argomento è uno dei conoscitori più profondi – è sempre quella: trasferire ad Aqp la gestione del settore irriguo, con il relativo personale. Questo trasferimento farebbe risparmiare almeno 2 milioni l’anno, perché Aqp non pagherebbe più i consorzi per la fornitura dell’acqua. Ora che è stato nominato il nuovo presidente di Acquedotto, la cui missione è formare una multiutility, il tema mi sembra ancora più di attualità».

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