Il porto che non c'è

Se occorreva una conferma istituzionale della esclusione, o meglio della non esistenza del porto di Manfredonia dal contesto della portualità puglies

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Se occorreva una conferma istituzionale della esclusione, o meglio della non esistenza del porto di Manfredonia dal contesto della portualità pugliese, questa è puntualmente arrivata dal Piano attuativo per il trasporto marittimo del più generale Piano regionale dei trasporti, adottato dalla Regione Puglia e presentato nei giorni scorsi dal presidente Vendola e dall’assessore ai trasporti Giannini. Un Piano “compatibile – è stato precisato – con la nuova programmazione europea”, aggiungendo che non si tratta di “libro dei sogni, ma concretamente attuabile nell’arco della programmazione come previsto dalla legge”.
Una iniziativa concreta, ragionata che fa chiarezza sulle prospettive della portualità pugliese anche alla luce della Riforma dei porti, che fissa dei punti fermi intorno ai quali sviluppare le politiche dei trasporti marittimi e dunque elimina equivoci e illusioni di “Autorità portuali” fantasma quale quella del porto di Manfredonia pilotato verso la sua desolante inattività e assoluto isolamento. Una condizione che col senno di poi e in base alla prova provata, porta a dare ragione a quanti, in tanti per la verità, hanno preconizzato tale epilogo che si è anche cercato di evitare con iniziative rimaste inascoltate e addirittura osteggiate. Si è tirato a campare tra proclami e promesse senza alcun criterio. Con i traffici si sono persi una serie di servizi e maestranze qualificate. Un danno economico e sociale enorme, difficilmente recuperabile. Il conto di questo fallimento chi lo paga?
Ironia dei fatti se non riscatto della ragione, il porto di Manfredonia è stato inserito nel “Subsisterma del Levante” insieme ai porti di Barletta, Monopoli e Molfetta sotto il coordinamento dall’Autorità portuale di Bari. Un qualcosa di simile alla soluzione che l’allora sindaco Paolo Campo, era il 2008, aveva proposto ma che assegnava al porto di Manfredonia un ruolo ben diverso da quello subalterno che gli verrà ora assegnato? Probabilmente per il porto di Manfredonia le cose sarebbero andate diversamente e oggi si sarebbe potuto guardare all’avvenire con maggiori chance.
Le prospettive che si estrapolano dal PRT sono tutte da verificare. Se si vanno infatti a guardare i piani di investimenti per rendere i vari porti attrezzati e competitivi, ci si rende conto, al di là delle parole, che per quello di Manfredonia nella casella “Risorse disponibili” per l’”Orizzonte temporale 2013 – 2020”, ci sono solo 0 (zeri), mentre per i tre porti di Bari, Taranto e Brindisi le risorse ammontano a 584.927.207 euro. E questo perché – spiega il documento della Regione – “le Autorità portuali di Bari, Taranto e Brindisi, attraverso i propri strumenti di programmazione (Piani Operativi Triennali) hanno definito un quadro preciso delle azioni infrastrutturali calibrate sugli scenari di sviluppo maggiormente promettenti per ciascun porto”. E l’AP di Manfredonia cosa ha fatto?
Anche sul versante del traffico crocieristico Manfredonia, a dispetto dei proclamati progetti, è tagliata fuori: il PRT punta a specializzare Bari per il crocierismo di linea e Brindisi per quello charter e low cost anche in considerazione e coordinamento con i rispettivi scali aeroportuali. In un sol boccone sono stati ingoiati il porto di Manfredonia e l’aeroporto di Foggia.
Fa specie per non dire altro, che venga evidenziato “il ruolo strategico per Manfredonia sia in funzione di coordinamento con il porto barese, sia nel quadro complessivo regionale e nazionale. I vantaggi competitivi del porto di Manfredonia – si analizza – sono infatti diversi, a partire dalla collocazione fuori dell’area urbana e della disponibilità di ampie aree retro portuali. Inoltre, oltre alla buona dotazione di collegamenti stradali e ferroviari, si riconosce come grande risorsa la potenziale sinergia con l’interporto di Cerignola”.
Un amaro paradosso che trova spiegazione nella incapacità del territorio di esprimere quelle competenze ai vari livelli necessarie per difendere e valorizzare le risorse nostrane.
Michele Apollonio

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