Il porto di Manfredonia potrà essere accorpato con l’Autorità portuale di Bari o di Taranto. E’ questa la prospettiva per lo scalo marittimo sipontino
Il porto di Manfredonia potrà essere accorpato con l’Autorità portuale di Bari o di Taranto. E’ questa la prospettiva per lo scalo marittimo sipontino alla luce della bozza del piano della logistica che sarà presentato la settimana prossima nell’ambito della riforma della legge sui porti 84/94, preannunciata come “rivoluzionaria”. Una fondamentale riforma da anni attesa, contrastata, rimuginata e data per pronta da almeno gennaio 2014, oltre un ano fa. In questo frattempo si sono incrociate numerose proposte e bozze contenenti soluzioni diverse circa l’assetto da dare alle attività marittime rapportate all’Europa ma soprattutto alle esigenze del mercato evolutosi fortemente.
Punto fermo la riduzione e la razionalizzazione dell’ Autority definita “ente economico di rilevanza nazionale a ordinamento speciale”. Gli scali marittimi sono divisi in porti “core”, e porti “comprehensive”. Saranno sedi di Autority i porti di Ancona, Augusta, Bari, Cagliari, Civitavecchia, Genova, La Spezia, Livorno, Gioia Tauro, Napoli, Palermo, Ravenna, Taranto, Trieste, Venezia. Quindici porti complessivamente.
Le attuali Autorità degli altri dieci porti, vale a dire: Brindisi, Catania, Manfredonia, Marina di Carrara, Messina, Olbia-Golfo degli Aranci, Piombino, Salerno, Savona, Trapani, saranno sciolte alla data dell’entrata in vigore della legge di riforma per confluire, a scelta, in una delle Autorità portuali stabilite dalla riforma. Autorità che avranno “un ruolo di coordinamento delle attività esercitate dagli enti e dagli organismi pubblici nell’ambito dei porti e nelle aree demaniali marittime comprese nella circoscrizione territoriale”. E’, in buona sostanza, tra le richieste avanzate dal sindaco di Manfredonia Angelo Riccardi, nella nota inviata all’attenzione degli Stati generali dell’ANCI, vale a dire “L’integrazione orizzontale dell’intero ciclo logistico portuale e interportuale per soddisfare le esigenze di semplificazione degli utenti”.
La bozza di riforma prevede espressamente la facoltà dei presidenti delle Autority di convocare una apposita conferenza dei servizi. Così come prevede, tra le altre novità, un’autonomia finanziaria più spinta di quella ora in vigore. Alle Autorità portuali è prevista l’attribuzione di “una quota dell’imposta sul valore aggiunto dovuta sull’importazione delle merci nel territorio nazionale per tramite di ciascun porto che a regime, dal 2016, sarà del 2,5 per cento”.
La riforma, al di là dal risultare esaustiva per tutte le problematiche che condizionano la funzionalità dei porti, fissa un punto fermo intorno al quale poter imbastire programmi di rilancio dei singoli scali. Per quello di Manfredonia le prospettive si presentano niente affatto rosee, se mai lo sono state da una diecina d’anni a questa parte. Nel migliore dei casi dovrà “confluire in una delle Autorità portuali”, a “scelta” aggiunge la riforma. Le opzioni sono o Bari o Taranto. Per tanti versi un ritorno al passato. Questa soluzione, considerata la scarsa attività del porto, era stata già prospettata nel 2008 dal sindaco Paolo Campo il quale in accordo con l’Autorità portuale di Bari, aveva concepito, con avveniristico intuito, di costituire un pool di porti pugliesi governati da una Autority super partes, denominata significativamente del “Levante” e composta dai porti di Manfredonia, Barletta, Bari e Monopoli. Per qualche mese tale Autorità prese anche corpo. Poi gli intrighi politici di parte ebbero il sopravvento e Manfredonia rimase fuori da quel progetto del quale hanno tratto vantaggio gli altri porti. Ora pare che quello che una logica operativa non è riuscita a realizzare, sarà imposto per legge.
Michele Apollonio
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