Sparisce per 5 giorni dopo aver chiesto aiuto al fidanzato asserendo di essere stata sequestrata. In realtà era falso. Una cittadina bulgara di 29 an
Sparisce per 5 giorni dopo aver chiesto aiuto al fidanzato asserendo di essere stata sequestrata. In realtà era falso. Una cittadina bulgara di 29 anni, domiciliata a Manfredonia, ha messo in scena il sequestro per allontanarsi dal fidanzato geloso e recarsi a “far bagordi” dai suoi vecchi amici di San Severo. Dopo essere stata rintracciata ed interrogata è stata denunciatadalla Squadra di Polizia Giudiziaria del Commissariato P.S. di Manfredonia per “simulazione di reato e procurato allarme presso l’Autorità”.
La vicenda riguardante la donna ha inizio nel tardo pomeriggio del 4 Febbraio, quando si presenta in Commissariato un ragazzo manfredoniano denunciando la scomparsa della sua convivente bulgara, al terzo mese di gravidanza. La donna era uscita di casa nella prima mattinata, portando con se un telefonino con il quale aveva effettuato comunicazioni con il suo fidanzato fino alle 17. In seguito la finzione: la donna chiama l’ignaro ragazzo, finge di essere impaurita e piangendo gli chiede aiuto, dicendogli di essere stata sequestrata da un uomo italiano e da una zingara e di trovarsi rinchiusa nella stanza di una masseria, senza riuscire ad indicare la località, dicendo di udire il rumore del mare; poco dopo il suo telefono diventava irraggiungibile. Immediatamente le indagini della Polizia, con allerta a tutte le competenti Autorità in ambito nazionale, con descrizioni somatiche della donna e richiesta – alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Foggia – di attività tecnica di monitoraggio dell’utenza della sequestrata risultata costantemente spenta. Da qui le ricerche degli inquirenti nelle zone prospicienti il mare, dagli amici e nei luoghi precedentemente frequentati dalla donna, ipotizzando che i sequestratori andassero individuati fra i suoi conoscenti.
Dall’analisi del traffico telefonico del telefono, gli inquirenti appuravano che, dal primo pomeriggio del 04.02.2013, il telefono della donna agganciava celle telefoniche di San Severo. Da qui lo spostamento delle ricerche, con discordanze dunque con la richiesta di aiuto della donna che aveva detto di trovarsi a Zapponeta.
Mentre il telefono continuava a rimanere spento, gli inquirenti – nei giorni successivi alla denuncia – continuavano l’attività di indagine in un paese del subappennino dauno, dove risiede una amica della donna, in quanto, dall’analisi dei tabulati, in qualche occasione il telefono della ricercata agganciava una cella telefonica della zona. L’attività di perlustrazione della Polizia di Stato, effettuata in forze nei luoghi di precedente dimora della sequestrata, sortisce i primi effetti positivi in quanto, il 07.02.2013, il telefono del denunciante sipontino veniva contattato da un’utenza bulgara, riconosciuta quale quella del fratello della sequestrata; l’uomo rasserena il manfredoniano: “mia sorella mi ha chiamato, sta bene, è in Grecia”.
Nonostante le rassicurazioni, nuova falsa versione dei fatti, in quanto, con una lunga telefonata di sei minuti, effettuata lo stesso giorno, la presunta sequestrata aveva chiamato i suoi familiari in Bulgaria, da una zona vicina a Francavilla a Mare (CH).
Da allora il telefono della donna era rimasto costantemente localizzato, agganciando una cella telefonica non distante dalla locale stazione ferroviaria; per non dare sospetti, la donna avrebbe chiamato ininterrottamente il fidanzato, dicendogli di essere stata liberata dai suoi aguzzini e lasciata a Pescara. Il giorno successivo, con uno stratagemma, gli inquirenti riescono a individuare il luogo esatto della posizione della ragazza, facendo intervenire personale della Squadra Mobile della Questura di Chieti. Da bugiarda incallita, la donna riporta agli agenti la versione propinata all’ignaro fidanzato: il sequestro ad opera di un italiano e di una signora bulgara, con minuziose descrizioni somatiche, il tipo di autovettura utilizzata per il sequestro e particolari del luogo della detenzione; durante il racconto anche i presunti maltrattamenti subiti, fino alla liberazione, con gli aguzzini che – secondo la donna – l’avrebbero accompagnata a Pescara. Da qui la ragazza avrebbe preso un treno locale in direzione Francavilla a Mare. Agli agenti la donna ha raccontato di non conoscere le due persone che l’avevano segregata in casa ma che sarebbe stata in grado di riconoscerle, rifiutando la collocazione in una casa famiglia perché voleva tornare a casa dal suo amato fidanzato che “tanto le mancava”.
Al fine di appurare cosa fosse realmente accaduto, essendosi palesate numerose lacune ed incongruenze nel racconto fornito, gli agenti di Manfredonia hanno ascoltato nuovamente la donna in Commissariato, alla presenza di un interprete bulgara, per evitare scusanti circa la mancata comprensione della lingua. Confermato in toto quanto riferito ai colleghi di Chieti, anche davanti al personale della Squadra di Polizia Giudiziaria di Manfredonia, la donna ha fornito la medesima versione del sequestro di persona, fornendo ulteriori particolari non menzionati nel corso della sua precedente udienza ma, richiesta una descrizione analitica di tempi e modalità della sua detenzione,la donna è caduta in profonde contraddizioni davanti agli agenti, anche se, per diverse ore, aveva insistito nella sua versione predeterminata. Gli agenti di Manfredonia hanno contestato alla ragazza la sua presenza a Zapponeta al momento della sua richiesta di aiuto in quanto il suo cellulare si trovava a San Severo, cioè ad una sessantina di chilometri più in là.
Alle precise contestazioni degli investigatori la donna ha continuato a replicare con risposte false per cui, essendo emersi indizi di reato per simulazione di reato e procurato allarme, il verbale è stato interrotto, con donna segnalata all’Autorità Giudiziaria per simulazione di reato e procurato allarme presso l’Autorità.
Dopo essere stata indagata in stato di libertà la donna, vistasi scoperta, avrebbe cercato di alleggerire la sua posizione raccontando che, a causa della sua gelosia e quella del suo fidanzato, per “dargli una lezione” si era recata a San Severo da un suo ex fidanzato e da suoi amici, trascorrendo lì tranquillamente alcuni giorni. La donna ha sostenuto di aver ripetutamente chiamato e chiesto aiuto al suo ragazzo per farlo impaurire. Una volta notata la pressione della Polizia si era fatta accompagnare a Francavilla al Mare per meglio mantenere la sua artefatta versione, pregando i poliziotti di non riferire nulla al suo ragazzo che l’attendeva fuori impaziente di abbracciarla.
Redazione
COMMENTI