Riflessioni sul tema occupazione a Manfredonia

A partire dagli anni ‘70 il mondo del lavoro ha subito delle profonde mutazioni. Allo stato attuale, le questioni ed i dibattiti legati a questo mondo

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A partire dagli anni ‘70 il mondo del lavoro ha subito delle profonde mutazioni. Allo stato attuale, le questioni ed i dibattiti legati a questo mondo sono sempre più raccolti sul problema della disoccupazione e del precariato. Al punto che il concetto stesso di lavoro può forse essere ripensato rispetto al significato con il quale per anni è stato usato e conosciuto. Di conseguenza, sono cambiati i significati di occupazione, disoccupazione, sottoccupazione.

Probabilmente, la crisi del lavoro non è solo il frutto di una crisi, né di un susseguirsi di crisi, ma forse è l’effetto di una vera e propria mutazione. Ovviamente la nostra città non fa eccezione, anzi. Per avere le idee più chiare del fenomeno, abbiamo incontrato un nostro apprezzabile concittadino, il Dott. Matteo Robustelli – Vice Presidente Nazionale E.N.P.A.C.L. (Ente Nazionale di Previdenza Consulenti del Lavoro). “Gli iscritti al Centro per l’Impiego di Manfredonia al 31 ottobre 2012 sono 26.582 di cui il 41,87% sono gli occupati e il 58,13% le persone immediatamente disponibili al lavoro. Peraltro, in ogni categoria, le donne risultano più del doppio degli uomini.

La maggior parte degli inoccupati, pari al 27%, ha un’età compresa tra i 35-44 anni. Un altro dato che deve far riflettere e che circa il 16% dei lavoratori occupati non è di nazionalità italiana. Infatti 1.414 lavoratori sono comunitari e 691 extracomunitari. Inutile precisare che la recessione degli ultimi 4 anni e la probabile stagnazione dei prossimi due aggiunte alle infinite problematiche del nostro contratto d’area per le quali si continua ad assistere con amarezza a chiusure di aziende e stabilimenti, ci consegnano un’epoca con una quantità (e qualità) di lavoro da distribuire a Manfredonia minore di quello che avevamo in passato.

Personalmente sono fortemente critico verso gli incentivi alle imprese per l’assunzione dei giovani, in quanto la letteratura economica internazionale e le evidenze hanno dimostrato la loro inefficacia nel medio e lungo periodo per una reale crescita dell’occupazione. Credo, altresì, che un altra delle ragioni che hanno visto penalizzare la componente giovanile al lavoro è la crescente inadeguatezza del sistema formativo nel produrre competenze che servono davvero alle imprese. C’è bisogno di essere formati per competenze e non per discipline. Il sistema formativo scolastico è quindi sicuramente uno dei punti deboli del mercato del lavoro.

Oggi esistono mestieri totalmente trascurati dai giovani che, forse inseguendo un sogno familiare, puntano ad una laurea anziché cimentarsi in un’attività che pur non avendo l’onore accademico rappresenta una sicura fonte di lavoro. Credo fortemente che oggi, per quei pochi motivi che ho avuto modo di esporre, il  fenomeno della disoccupazione giovanile in Italia sia tale da chiamarlo, senza paura di smentita, dramma. La cosa inammissibile è che la Politica dinanzi a tale emergenza e dramma non è ancora riuscita a dare una risposta”.

Roberto Talamo

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