Il Gruppo Archeo Speleologico “Città di Manfredonia” si fa promotore della pulizia di alcuni ipogei carsici. Le cavità prescelte per la pulizia, note
Il Gruppo Archeo Speleologico “Città di Manfredonia” si fa promotore della pulizia di alcuni ipogei carsici. Le cavità prescelte per la pulizia, note come Grotta Occhiopinto e Grotta Scaloria, sono entrambe situate nel comune di Manfredonia e fanno parte di un unico complesso carsico.
Il Gruppo, atteso che su entrambe le grotte grava il vincolo archeologico e dopo aver ricevuto la preventiva autorizzazione, sarà impegnato per tre intere giornate in questo mese: martedì 27, mercoledì 28 e giovedì 29 dicembre 2011.
Coloro i quali fossero interessati a partecipare all’iniziativa, per dare una mano o semplicemente per avvicinarsi alla speleologia, possono contattare il referente del Gruppo che sarà disponibile per l’organizzazione delle tre giornate, oltre che per qualsiasi chiarimento riguardante le cavità sopra citate:
Luigi Coppolecchia, Presidente del Gruppo Archeo Speleologico Città di Manfredonia
Tel: 334-1155410, mail: coppolecchialuigi@gmail.com oppure: archeospeleomanfredonia@gmail.com.
L’associazione ha sede in Via Tito Minniti 18, a Manfredonia, e promuove la speleologia in ogni sua manifestazione, ai fini dell’esplorazione, della conoscenza dello studio e della salvaguardia delle grotte e delle aree carsiche. Ulteriore finalità è quella dell’individuazione e della ricognizione di superficie, con metodi non intrusivi, di aree riconducibili alle culture umane del passato, dello studio dei paesaggi antichi, della raccolta e catalogazione informatizzata dei dati, della fruizione e valorizzazione degli stessi.
Brevi cenni storici e conformazione delle grotte
La cavità Grotta Scaloria, importante sito archeologico ai piedi del Gargano, costituisce con la vicina Occhiopinto un unico complesso. Scoperta casualmente nel 1932 in occasione della costruzione dell’Acquedotto Pugliese, fu esplorata, all’epoca, nella sola parte alta da Quintino Quagliati. Nel 1964 Luigi Coppolecchia, unitamente ad altri ragazzi speleologi in erba di Manfredonia, scoprì e rese percorribile un camminamento che permise di accedere alla parte più profonda della grotta ove vennero ritrovati un centinaio di vasi neolitici, dei laghetti ricoperti di calcite, tracce di fuochi ed uno scheletro di un primitivo con i femori spezzati, forse testimonianza di una tragedia speleologica di 6000 anni fa.
Nel 1967 il professor Santo Tinè venne a sapere della scoperta e, dopo una discesa in grotta accompagnato dagli stessi ragazzi scopritori, decise di avvalersi della collaborazione del CAI di Trieste – Commissione Grotte Eugenio Boegan – per rilevare e documentare la parte più profonda della grotta dove Tinè attestò un rituale religioso collegato al “culto delle acque” praticato in un particolare momento del Neolitico intorno alla metà del IV millennio a.C. Tale rituale prevedeva la deposizione di vasi in prossimità di grandi stalattiti spezzate artificialmente o sui tronconi di esse con funzione di raccolta delle acque di stillicidio.
Nel 1968 sempre gli stessi speleologi di Manfredonia, nel frattempo diventati giovanotti, costituirono il primo gruppo speleologico di Manfredonia denominato “Gruppo Speleologico Sipontino” e, proseguendo le esplorazioni, trovarono un passaggio che metteva in comunicazione le due grotte: Scaloria e Occhiopinto. Furono rilevati lungo tale tragitto ulteriori dodici vasi posti anch’essi sotto lo stillicidio.
Gli scavi del 1978-79 condotti dall’Università di Genova, dalla University of Southern Mississippi e dalla University of California, nell’ambito del programma di ricerche sul Neolitico del Sud Est dell’Italia coordinato da Santo Tiné e Marija Gimbutas, rivelarono una lunga frequentazione della parte alta della grotta dal Paleolitico Superiore fino alla fine del Neolitico.
Le aperture delle grotte non sono armate perché situate in un campo coltivato a grano per cui la progressione avviene pressoché in piano e quindi di facile accesso. Entrambe, dopo pochi metri, si aprono in un salone dove si sta comodamente in piedi e da lì è possibile accedere, con pochi salti, alla parte più bassa fino alla profondità di circa 43 metri laddove sono visibili alcuni suggestivi laghetti al piano della falda acquifera.
Anche queste grotte, come molte altre, sono state fatte oggetto di discariche, meno nella Scaloria ma in maniera più massiccia nell’Occhiopinto. Qui, oltre alle carogne di animali che nel tempo si sono consumate, con l’invenzione della plastica il boom di scarico abusivo è incrementato, gettando nella “buca” di tutto e di più (bottiglie, pezzi di auto, lavatrici, materassi, materiali di risulta, copertoni, sacchi di immondizia e chissà cosa altro). In aggiunta a questi rifiuti, all’entrata, sono stati rinvenuti nelle parti più profonde materiali di ogni genere; colpisce in particolare la presenza di batterie d’auto e filtri per lubrificanti ormai disfatti, abbandonati da persone, speleologi improvvisati, che con la speleologia non hanno nulla a che fare. Per questo motivo si ritiene che l’acqua che vi percola e che raggiunge i laghetti sia inquinata e, di conseguenza, lo sono anche le falde acquifere.
Per il recupero dei rifiuti che interessano sia la superficie che il fondo delle cavità occorrerà organizzare la pulizia con più squadre interne ed almeno una esterna, portando i rifiuti in superficie in appositi contenitori e/o sacchi. L’obiettivo principale è di evitare che i rifiuti vadano ad inquinare le falde acquifere e, in secondo luogo, rendere la grotta ancora praticabile alle future esplorazioni.
Un ringraziamento anticipato va a tutti coloro che vorranno partecipare a questa iniziativa.
Matteo Fidanza
Ufficio Stampa e Comunicazione – Comune di Manfredonia
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