Era rimasto solo lui, Franco Raduano, l'ultimo latitante del Gargano, stamattina finito nella rete della giustizia. Dopo quasi un anno di fuga, all'al
Era rimasto solo lui, Franco Raduano, l’ultimo latitante del Gargano, stamattina finito nella rete della giustizia. Dopo quasi un anno di fuga, all’alba di oggi gli agenti del commissariato di Manfredonia, quelli della Squadra Mobile e il personale del reparto prevenzione crimine, sono riusciti a catturarlo in un appartamento in pieno centro a Vieste. L’uomo era ricercato, dal 20 dicembre scorso, perchè, dopo aver usufruito di un permesso, non aveva fatto rientro presso la Casa Lavoro di Sulmona dove doveva scontare una pena detentiva di un anno. Raduano 28 anni, ha numerosi precedenti penali per reati contro il patrimonio e traffico di sostanze stupefacenti. Venne arrestato, insieme al cugino Marco, nell’operazione condotta dei carabinieri del 15 giugno 2009, quando vennero ammanettate 10 persone accusate di aver monopolizzato il mercato dello spaccio di droga, perlopiù hashish, marijuana, cocaina e in alcuni casi anche eroina, su tutto il territorio viestano. Il latitante si nascondeva in casa dei suoceri: sul tetto dell’abitazione aveva realizzato un vero e proprio covo dove si rifugiava durante le numerose perquisizioni effettuate dalla polizia. Polizia sulle sue tracce già ad ottobre scorso, quando la moglie diede alla luce il suo primogenito. Nella circostanza gli agenti in borghese si infiltrarono tra il personale dell’ospedale di San Giovanni Rotondo. Raduano, però, sentendosi il fiato sul collo, evitò di presentarsi in maternità. Stamani, al momento dell’irruzione in casa, il latitante ha tentato, inutilmente, una disperata fuga sul tetto. Sul letto del suo nascondiglio gli inquirenti hanno trovato una balestra perfettamente funzionante e ed una parrucca utilizzata dall’uomo durante i suoi spostamenti. Il cugino di Franco Raduano, Marco, è ritenuta dagli investigatori persona molto vicina al boss viestano, Angelo Notarangelo, arrestato ad aprile scorso nell’ambito dell’operazione Medioevo condotta dalla DDA di Bari, insieme ad altre sette viestani (tra cui lo stesso Marco) tutti accusati di essere gli esecutori materiali di una serie di episodi estorsivi che stavano mettendo in ginocchio l’economia turistica del promontorio.
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